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Data: 25/10/2015 16:00:00 - Autore: Avv. Francesco Pandolfi Avv. Francesco Pandolfi - Se gli elementi cardine da valutare per accordare il rinnovo del porto d'armi non sono cambiati nel tempo, il provvedimento finale non può portare alla negazione del titolo. E' scritto in tante sentenze come il rilascio di licenza di p.s. sia sottoposto ad una disciplina particolarmente rigorosa sul piano oggettivo e soggettivo, e ciò vale anche per la licenza che qui esaminiamo, connessa alla tutela della pubblica e privata incolumità in relazione all'uso delle armi e, quindi, al possesso di requisiti soggettivi di specifica affidabilità e di dimostrato bisogno. Espressi così, però, tali principi rischierebbero di rappresentare una semplice ed astratta enunciazione. Esiste in realtà un orientamento della giurisprudenza, possiamo dire consolidato, in forza del quale l'istanza deve comunque essere vagliata non già in astratto ma in concreto, con un complessivo motivato giudizio sempre caratterizzato dalla ben nota ampia discrezionalità ma che esprima una valutazione in ordine al possesso di quei requisiti sulla base degli elementi e delle risultanze in atto sussistenti (Consiglio di Stato, sentenza n. 5199 del 22.10.2014). Così, ad esempio, sarà possibile reagire efficacemente in sede giudiziale nel caso in cui il decreto prefettizio recante il diniego del rinnovo della licenza di porto di pistola per difesa personale non lasci emergere e comprendere le ragioni per cui la stessa situazione, che in precedenza aveva indotto a rilascio del titolo, ora dia luogo (in sede di rinnovo) ad un provvedimento all'esatto opposto in assenza di un esame di cambiamenti eventuali medio tempore intercorsi. Pertanto, il ricorso avanti i giudici amministrativi sarà teso a mettere in evidenza come il provvedimento non dica assolutamente nulla circa il possesso del titolo per svariati anni, o ancora nulla dica circa eventuali abusi dell'arma, oppure non parli affatto di condotte in qualche modo censurabili o non evochi l'esistenza di condanne subite. In concreto: le situazioni poste al vaglio dell'autorità devono essere realmente aggiornate. Nel caso posto all'esame del Consiglio di Stato, il supremo giudice non ha fatto altro che respingere l'appello proposto dal ministero dell'Interno confermando la sentenza di primo grado resa dal Tar Napoli sezione V, la n. 6100/08: il giudice di prima istanza aveva cioè ritenuto sussistente il difetto di istruttoria e di insufficienza della motivazione addotta. Per contattare l'avv. Francesco Pandolfi 3286090590 francesco.pandolfi66@gmail.com blog: www.pandolfistudiolegale.it
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