Data: 21/10/2015 20:30:00 - Autore: Valeria Zeppilli

di Valeria Zeppilli – Come sappiamo, nel caso di decesso di un lavoratore pensionato, al coniuge spetta la c.d. pensione di reversibilità, ovverosia una prestazione economica calcolata sulla pensione del defunto in una percentuale variabile a seconda che il coniuge superstite ne goda da solo oppure con uno o più figli (qualora questi ultimi siano in possesso dei requisiti a tal fine necessari) e a seconda che goda o meno di altri redditi e, eventualmente, in quale ammontare. 

Ma ciò che non tutti sanno è che tale prestazione, a determinate condizioni, può spettare anche al coniuge divorziato.

Infatti, se all'atto del divorzio il coniuge superstite aveva ottenuto dal giudice il diritto a ricevere una somma di denaro periodica a titolo di assegno divorzile, egli, in caso di decesso dell'ex coniuge, avrà diritto anche alla pensione di reversibilità.

In ogni caso sono necessari due ulteriori, direi ovvi, requisiti, ovverosia che il rapporto di lavoro per il quale il defunto aveva maturato il diritto al trattamento pensionistico sia stato avviato antecedentemente alla sentenza divorzile e che il coniuge superstite non si sia risposato.

Il riferimento normativo va rinvenuto nell'articolo 9 della legge numero 898/1970, ovverosia la legge sul divorzio.

L'effettività dell'assegno divorzile

In ogni casi, i requisiti necessari affinché l'ex coniuge possa beneficiare della pensione di reversibilità vanno interpretati in maniera particolarmente stringente, onde evitare un utilizzo improprio di tale strumento di sostentamento.

Sollecitata a pronunciarsi su una possibile estensione del diritto, infatti, la Corte di cassazione, con la sentenza numero 9660 del 2013, ha specificato che non è sufficiente ad ottenere la pensione di reversibilità il fatto che il coniuge divorziato versi nelle condizioni che avrebbero astrattamente potuto legittimare la titolarità dell'assegno divorzile, qualora quest'ultimo non sia stato, per qualsiasi ragione, riconosciuto giudizialmente. E ciò neanche nel caso in cui il coniuge deceduto abbia corrisposto regolarmente all'ex delle elargizioni di natura economica, di fatto o sulla base di una convenzione privata.

E se i coniugi superstiti sono più di uno?

Come visto, se l'ex coniuge superstite si sia risposato, egli non avrà diritto alla pensione di reversibilità.

Ma cosa accade, invece, se sia stato l'ex coniuge defunto ad aver contratto un nuovo matrimonio?

Secondo quanto previsto dalla legge sul divorzio, in tal caso la pensione spetterà all'ex coniuge e al nuovo coniuge pro quota, da stabilirsi, ad opera del Tribunale, soprattutto sulla base della durata dei due matrimoni, ma anche dello stato di bisogno di ognuno di essi.

Secondo quanto previsto dalla sentenza numero 6019/2014 della Corte di cassazione, poi, ulteriori elementi che possono influire sulla determinazione delle pensioni sono anche la presenza o meno di figli, la data della separazione e l'assistenza prestata al defunto sino alla morte: tali aspetti possono addirittura risultare preponderanti rispetto a quello relativo alla durata delle relazioni. Recenti orientamenti ritengono rilevante anche la durata della convivenza prematrimoniale.

Il coniuge separato

Per completezza è opportuno segnalare che dell'assegno di reversibilità può beneficiare anche il coniuge separato.

Più precisamente, il diritto spetta a quest'ultimo incondizionatamente salvo il caso in cui la separazione gli sia stata addebitata. In tale ipotesi, infatti, il trattamento gli spetta solo se il Tribunale gli abbia comunque riconosciuto il diritto all'assegno alimentare


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