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Data: 30/10/2015 08:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Il Jobs Act è intervenuto sull'art. 2103 c.c. provocando una sostanziale riscrittura della disciplina relativa alle mansioni del lavoratore. In precedenza il prestatore di lavoro poteva essere adibito a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte: la successiva eliminazione operata dal d.lgs. n. 81/2015 circa il richiamo al criterio dell'equivalenza, ha attribuito sostanzialmente al datore di lavoro un potere di modifica unilaterale delle mansioni, con il solo limite della riconducibilità allo stesso livello di inquadramento delle ultime effettivamente svolte. In passato, il giudice vagliava la legittimità della modificazione unilaterale proprio tenendo conto dell'equivalenza professionale. Tutto diverso a partire dal 25 giugno 2015: entrato in vigore il decreto summenzionato, al datore di lavoro è consentito lo ius variandi orizzontale, nonché la possibilità di assegnare il dipendente a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore stesso. Dopo alcuni mesi, sono emersi i primi contrasti in seno alla giurisprudenza di merito circa la possibilità di risarcire i danni da dimensionamento laddove questo sia stato attuato prima dell'entrata in vigore della riforma. Il Tribunale di Roma (giudice Sordi), con la sentenza 8195/2015, ha escluso che l'assegnazione a mansioni diverse, illegittima in un momento precedente, potesse essere riconosciuta tale anche in un momento successivo. Per giustificare tale assunto, il Tribunale ha qualificato il demensionamento come "illecito permanente": l'illegittimità in pratica, si attua ogni giorno e si rinnova, quindi per valutare la legittimità del comportamento del datore bisogna tenere conto della disciplina legislativa e contrattuale vigente in quel dato momento. Ne consegue che, dopo il 25 giugno, non può essere liquidato alcun danno. Di diverso avviso il Tribunale di Ravenna, come emerge dalla sentenza 174/2015 (giudice Riverso), che si esprime circa la non applicabilità della nuova norma ai demansionamenti avvenuti in un momento antecedente all'entrata in vigore del decreto legislativo, ossia in un momento in cui il comportamento del datore di lavoro era ritenuto sanzionabile. Il mutamento illegittimo di mansioni intervenuto prima del 25 giugno 2015 (secondo la previgente disciplina) deve essere quindi tutelato attraverso i rimedi della reintegrazione o del risarcimento, a nulla rilevando che da tale data questo comportamento sia stato legittimamente consentito. D'altronde, precisano i giudici emiliani, nel decreto attuativo non è contenuta o prevista nessuna disposizione retroattiva o di diritto intertemporale.
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