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Data: 12/11/2015 19:20:00 - Autore: Avv. Paolo Accoti Avv. Paolo Accoti - A seguito di ricorso per separazione giudiziale dei coniugi, il Tribunale di Velletri, con sentenza, pronunciava la separazione dei coniugi con addebito nei confronti del marito, il quale veniva altresì gravato di un assegno di mantenimento di Euro 500,00 mensili. Contestualmente, il Tribunale rigettava la richiesta di risarcimento danni avanzata dalla moglie per lesione della dignità personale e revocava l'assegnazione della casa familiare in favore della stessa, così come disposto nella fase presidenziale. Proposto appello la Corte d'Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza gravata condannava il marito al risarcimento dei danni provocati dal comportamento tenuto in costanza di matrimonio nei confronti della moglie, liquidato in via equitativa in Euro 10.000,00 e confermava per il resto la sentenza di primo grado. Proponeva ricorso per cassazione il marito affidandolo a tre motivi: “a) omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti sull'addebito della separazione; b) violazione e falsa applicazione dell'art. 2909 c.c.; preclusione da giudicato; c) violazione e falsa applicazione dell'art. 151 c.c., sull'addebito della separazione”. Resisteva in giudizio la moglie, la quale proponeva anche ricorso incidentale per “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 155 quater e art. 156 c.c., comma 6, della L. n. 898 del 1970, con riferimento al rigetto della domanda di assegnazione della casa coniugale come componente dell'assegno alimentare, in relazione agli artt. 3, 29 e 33 Cost., e dell'art. 433 c.c.”. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 19193 del 28.09.2015, rigettava sia il ricorso principale che quello incidentale. Per quel che ci riguarda in questa sede il Supremo Collegio, con riferimento alla lagnanza relativa alla revoca dell'assegnazione della casa coniugale, sollevata dalla moglie con il ricorso incidentale, evidenziava come: “L'assegnazione della casa coniugale non può costituire una misura assistenziale per il coniuge economicamente più debole, ma postula l'affidamento dei figli minori o la convivenza con i figli maggiorenni non ancora autosufficienti” (Nello stesso senso: Cass. civ., Sez. I, 1/08/2013, n. 18840). La Corte, infatti, da atto di come: “Il giudice deve determinare la misura dell'assegno in relazione alle circostanze ed ai redditi dell'obbligato, mentre l'assegnazione della casa familiare è finalizzata unicamente alla tutela della prole e non può essere disposta come se fosse una componente dell'assegno; tuttavia, allorché abbia revocato la concessione del diritto di abitazione nella casa coniugale (nella specie, stante la mancanza di figli della coppia), è necessario che egli valuti, una volta in tal modo modificato l'equilibrio originariamente stabilito fra le parti e venuta meno una delle poste attive in favore di un coniugo, se sia ancora congrua la misura dell'assegno di mantenimento originariamente disposto” (Nello stesso senso: Cass. civ., Sez. I, 20/04/2011, n. 9079). Nel caso di specie il Tribunale ha correttamente disposto l'aumento dell'assegno di mantenimento, proprio in virtù della revoca della assegnazione della casa familiare, assegno che in appello è stato ritenuto congruo, anche in relazione alla complessiva condizione economica del coniuge onerato. Ed invero, il potere del giudice di assegnare la casa familiare al coniuge affidatario, pur in assenza di diritti di godimento, ha carattere eccezionale e risulta dettato esclusivamente nell'interesse della prole (Cfr.: Cass. civ. Sez. I, 21/01/2011, n. 1491). Ciò posto, in assenza dei predetti figli minori o maggiorenni non autosufficienti, l'assegnazione non può essere disposta a favore del coniuge proprietario esclusivo, neppure qualora l'eccessivo costo di gestione ne renda opportuna la vendita, se i figli sono affidati all'altro coniuge in quanto eventuali interessi di natura economica assumono rilievo nella misura in cui non sacrifichino il diritto dei figli a permanere nel loro habitat domestico (Cfr.: Cass. civ. Sez. I, 22/11/2010, n. 23591). Peraltro: “L'assegnazione della casa coniugale disposta sulla base della concorde richiesta dei coniugi in sede di giudizio di separazione, in assenza di figli minori o maggiorenni non autosufficienti, non è opponibile né ai terzi acquirenti, né al coniuge non assegnatario che voglia proporre domanda di divisione del bene immobile di cui sia comproprietario, poiché l'opponibilità è ancorata all'imprescindibile presupposto che il coniuge assegnatario della casa coniugale sia anche affidatario della prole, considerato che in caso di estensione dell'opponibilità anche all'ipotesi di assegnazione della casa coniugale come mezzo di regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi, si determinerebbe una sostanziale espropriazione del diritto di proprietà dell'altro coniuge, in quanto la durata del vincolo coinciderebbe con la vita dell'assegnatario” (Cass. civ. Sez. II, 25/02/2011, n. 4735). Va infine ricordato che, ogni altra questione relativa al diritto di proprietà di uno dei coniugi od al diritto di abitazione sull'immobile esula dalla competenza funzionale del giudice della separazione e va proposta con il giudizio di cognizione ordinaria (Cfr.: Trib. Milano Sez. IX, 05/03/2014). |
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