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Data: 12/11/2015 16:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli di Valeria Zeppilli – Tutti sappiamo che, nel caso in cui una parte ritenga illegittima o ingiusta una sentenza emessa nei suoi confronti, ha a disposizione i mezzi di impugnazione previsti dal nostro ordinamento per poter far valere le proprie posizioni. Ma cosa accade se una sentenza ometta del tutto di pronunciarsi su determinati aspetti, “cari” alla parte? A tal proposito è interessante soffermarsi, in particolare, sulla circostanza in cui a mancare sia la pronuncia sulle spese legali. Tale questione, infatti, in passato è stata oggetto di dispute giurisprudenziali e dottrinali, che non permettevano agli interpreti di allinearsi su una posizione unanime. Da un lato, infatti, c'erano coloro che individuavano nei mezzi ordinari di impugnazione l'unica strada percorribile per denunciare un simile vizio. Dall'altro, invece, c'erano coloro che ritenevano imprescindibile individuare strumenti più celeri e, soprattutto, meno dispendiosi per poter rimediare a tale carenza. Per risolvere la controversia è stato necessario l'intervento chiarificatore delle Sezioni Unite della Corte di cassazione. Il riferimento, in particolare, va alla sentenza numero 16037 del 2010, con la quale il collegio ha sancito che, laddove il giudice ometta di provvedere in sentenza sulle spese legali, il rimedio esperibile non è costituito dagli ordinari mezzi di impugnazione, ma, in assenza di un'espressa indicazione legislativa, dal procedimento di correzione degli errori materiali di cui agli articoli 287 e 288 del codice di procedura civile. Ciò, soprattutto, in considerazione del fatto che la relativa richiesta non può qualificarsi come domanda autonoma. Oggi, di conseguenza, è proprio questa la strada che è opportuno seguire, come confermato anche da successive sentenze della Corte di legittimità. Si pensi, ad esempio, alla pronuncia numero 4091 del 25 gennaio 2013, la quale ha ribadito che il rimedio da esperire per emendare una sentenza di condanna che abbia omesso di pronunciarsi sulle spese processuali è costituito unicamente dalla procedura di correzione degli errori materiali. In ogni caso, non sempre una sentenza che ometta di pronunciarsi su qualche aspetto può essere semplicemente “corretta” senza che sia necessario ricorrere agli ordinari mezzi di impugnazione. Anzi. Tale strada costituisce un'eccezione: il vizio di omessa pronuncia, infatti, va denunciato in appello. Si pensi, ad esempio, al caso in cui il giudice di primo grado ometta di pronunciarsi su una delle domande proposte dalle parti, come la domanda di garanzia o la domanda riconvenzionale. Oltretutto, interessante è a tal proposito ricordare quanto chiarito dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 18824 del 2006, con la quale gli Ermellini hanno sancito che “anche nel processo tributario, al pari del rito ordinario, il vizio di omessa pronunzia, come quello di pronuncia ultra petitum […] comporta la necessità, per il giudice d'appello che dichiari il vizio, di porvi rimedio, trattenendo la causa e decidendola nel merito, senza che a ciò osti il principio del doppio grado di giurisdizione, che è privo di rilevanza costituzionale”. |
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