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Data: 29/11/2015 17:26:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - In tema di determinazione del compenso spettante al difensore nel caso di successione di tariffe professionali nel corso del processo, mentre gli onorari di avvocato devono essere liquidati in base alla tariffa vigente al momento in cui l'opera complessiva è stata condotta a termine con l'esaurimento o la cessazione dell'incarico professionale, i diritti di procuratore, invece, vanno liquidati alla stregua delle tariffe vigenti al momento delle singole prestazioni, le quali si esauriscono nell'atto stesso in cui sono compiute. Questo il principio di diritto richiamato dalla sesta sezione civile della Corte di Cassazione che, con l'ordinanza 24128/2015 (qui sotto allegata) ha deciso su un ricorso riguardante la liquidazione di spese di giudizio. Già una prima volta la Suprema Corte aveva cassato il capo relative alle spese di primo grado e di appello, rinviando alla Corte d'Appello di Catanzaro che, decidendo in sede di riassunzione, provvedeva a liquidare le spese processuali di due gradi di giudizio (primo grado e appello) attenendosi alle note spese depositate nel corso dei singoli gradi. Secondo il giudice d'appello, una volta determinato l'ammontare delle spese nel corso del giudizio col deposito delle relative note, le richieste non potevano essere mutate nel giudizio in riassunzione in relazione ad un preteso aumento del valore della lite. La decisione, nuovamente portata all'attenzione dei giudici del Palazzaccio, è censurata nella parte in cui nel liquidare le spese di appello, ha avuto riguardo ad una nota allegata nel gravame e depositata nel 2002, senza invece considerare l'entrata in vigore delle tariffe professionali contenute nel D.M. n. 127/2004, essendo il giudizio d'appello stato poi definito nel 2007. Concordi gli Ermellini che chiariscono che gli onorari del difensore devono liquidarsi applicando la tariffa vigente al momento in cui l'opera professionale è giunta a termine, essendo esaurito o cessato l'incarico del procuratore. Infondano, invece la censura avanzata dal ricorrente circa la riduzione degli onorari al di sotto dei minimi in virtù di quanto disposto dall'art. 60 co. 5 r.d. 1578/1933. Il collegio chiarisce che la disposizione consente al giudice di scendere "sotto i limiti minimi fissati dalle tariffe professionali quando la causa risulti di facile trattazione, sebbene limitatamente alla sola voce dell'onorario e non anche a quelle dei diritti e delle spese, cui non fa riferimento detta norma, e sempre che sia adottata espressa ed adeguata motivazione con riferimento alle circostanze di fatto del processo, non limitata, pertanto, ad una pedissequa enunciazione del criterio legale". Nel caso in esame la Corte d'Appello ha dato conto con motivazione non censurabile della semplicità delle questioni trattate. Dalla sentenza impugnata emerge con chiarezza che, sebbene fossero state articolate più censure, queste erano tutte comunque circoscritte alla sola regolamentazione delle spese ed in particolare al tema più volte affrontato dal giudice di legittimità del regime temporale delle tariffe applicabile al caso.
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