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Data: 16/12/2015 11:00:00 - Autore: Law In Action - di P. Storani di Paolo M. Storani - Good news da Piazza Cavour (sentenza delle Sezioni Unite Penali n. 46653 del 25 novembre 2015, opera della felice penna del Cons. Carlo Giuseppe Brusco, dopo l'ordinanza di rimessione della Sez. III). Illegale (ed è questo il punto nodale della significativa statuizione penale) è anche la pena non più proporzionata al nuovo giudizio di minor gravità espresso con la più favorevole legge penale successiva al fatto. Sarà molto utile trascrivere un passo della motivazione che chiarisce bene il suddetto concetto: l'illegalità della pena dovrà essere esclusa quando, pur in esito all'esame della modifica normativa più favorevole, ci si trovi in presenza di una pena che, rimanendo nei margini edittali sopravvenuti, sia stata irrogata con riferimento alla gravità di un fatto criminoso il cui disvalore sociale non sia mutato significativamente; di una pena inflitta entro limiti ragionevolmente commisurati, in astratto, anche alla diversa gravità del fatto come previsto dalla nuova normativa; di una pena che sia stata determinata in concreto con riferimento ad una gravità non significativamente diversa rispetto quella del successivo e più favorevole trattamento e chiaramente commisurata ai criteri indicati dall'articolo 133 codice penale. In presenza di tutte queste condizioni ci troviamo in presenza di una pena che potrebbe essere ritenuta ingiusta ma non illegale perché, in ipotesi, potrebbe essere legittimamente inflitta, con un'adeguata motivazione giustificatrice che tenga conto dell'innovazione normativa, anche in base alla nuova e più favorevole disciplina sanzionatoria (in tal caso la pena originariamente inflitta nemmeno potrebbe essere ritenuta ingiusta). Illegale deve invece essere ritenuta la pena che, pur rimanendo nei margini edittali di tale più favorevole disciplina, ne stravolga i parametri di riferimento - in particolare il principio di proporzionalità - che sia applicata in modo incompatibile con la disciplina normativa successiva, come, ad esempio, ove il precedente minimo edittale corrisponda a quello massimo della nuova pena. L'illegalità in concreto della pregressa pena impedisce la formazione del giudicato (qui si era già pronunciata la Corte d'Appello di Bari quale giudice del rinvio, investito del solo compito di rivedere il trattamento sanzionatorio) consentendo a quella più mite, sopravvenuta in costanza di pendenza di processo, di adempiere in modo più aderente alla specificità del singolo caso alla funzione rieducativa, funzione che una sanzione non più proporzionata all'effettiva gravità del reato non sarebbe più in grado di assolvere, con conseguente vulnus del correlato diritto fondamentale della persona di vedersi applicato un trattamento sanzionatorio corrispondente al minor disvalore espresso con la nuova previsione. La necessità di prevenire il rischio della lesione di un diritto fondamentale della persona comporta la valorizzazione del dato sostanziale della pendenza del ricorso, anche se inammissibile, e lo strumento utilizzabile è individuato dalla Corte di Cassazione nell'art. 609, comma 2, c.p.p., che consente al giudice di legittimità di decidere le questioni rilevabili d'ufficio, a prescindere dalla loro devoluzione e dalle ragioni per cui non siano state dedotte. In conclusione, la S.C. annulla la sentenza e dispone un nuovo giudizio di rinvio avanti a diversa composizione della medesima Corte di Appello barese, al fine di una nuova determinazione di pena, pur al cospetto dei due motivi di ricorso inammissibili. Su queste stesse colonne virtuali di LIA Law In Action tornereno sull'interessante problematica. |
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