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Data: 25/12/2015 19:10:00 - Autore: Sestilio Staffieri Dott. Sestilio Staffieri - La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento (n. 24157 del 26 novembre 2015) ha sancito l'estensione automatica del nuovo art. 18 al pubblico impiego, in quanto la previsione contenuta nell'art. 51 del D.Lgs. n. 165/2001 allo Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300/1970) si pone quale rinvio "mobile" e quindi di applicazione dello Statuto dei lavoratori al lavoro pubblico contrattualizzato anche nelle sue metamorfosi. Una volta dichiarato illegittimo dai giudici di merito il licenziamento intimato al dirigente di un consorzio pubblico per violazione dell'art. 55, D.Lgs. n. 165/2001, il ricorrente pubblico impugna in cassazione la sentenza, denunciando la mancata applicazione all'impiego pubblico contrattualizzato dell'art. 18 St. lav., come novellato dalla Legge Fornero (L. n. 92/2012) che prevede la sola tutela indennitaria – e non quella reintegratoria – per i vizi meramente formali del recesso. Secondo l'art. 55 bis co. 4 0 d.lgs. n. 165/01 ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari. Si tratta di norma imperativa. Come tale è espressamente definita dal precedente art. 55 co. 1°. Sia le parti che la gravata pronuncia danno per pacifico che l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari del Consorzio pubblico ha una composizione collegiale, di tre membri. La Corte territoriale rileva che tutto il procedimento disciplinare nei confronti del dipendente è stato avviato, istruito e concluso da un solo componente dell'ufficio per i procedimenti disciplinari. Ora, anche a voler concedere che tale collegio non sia perfetto e che, quindi, non necessariamente debba operare con la contemporanea partecipazione di tutti i suoi componenti, deve osservarsi che, ad ogni modo, in nessun caso un collegio imperfetto può ridursi ad operare attraverso uno solo dei propri membri, di fatto venendosi ad equiparare ad un organo monocratico, in violazione dell'ordinamento interno del Consorzio ricorrente che prevede pur sempre un organo collegiale per i procedimenti disciplinari. Ne discende l'avvenuta violazione, nel caso di specie, della norma imperativa di legge costituita dal cit. art. 55 bis co. 4 0 d.lgs. n. 165/01, con conseguente nullità — anche per ciò solo — del licenziamento disciplinare di cui trattasi. La Suprema Corte parte dal presupposto dell'applicabilità dello Statuto dei lavoratori e delle sue successive modificazioni e integrazioni anche al pubblico impiego contrattualizzato – in virtù del rinvio dell'art. 51 cpv. D.Lgs. n. 165/2001 – e sussume la fattispecie concreta nel testo dell'art. 18 applicabile all'epoca dei fatti, come modificato dalla L. n. 92/2012. Rigetta, quindi, il ricorso dell'ente pubblico poiché proprio tale previsione legislativa ricollega espressamente la sanzione della reintegra (e non quella meramente indennitaria) anche ad altri casi di nullità previsti dalla legge. Ed è indubbio che fra le nullità previste dalla legge vi sia anche quella per contrarietà a norme imperative (v. art. 1418 co. 1° c.c.) e in tale novero rientra l'art. 55 bis, co. 4, D.Lgs. n. 165/2001" su riportato. La Corte in questo caso, nell'applicare la norma simbolo dello Statuto dei Lavoratori al pubblico impiego, ha interpretato il rinvio tout court alla legge 300/70, senza che il legislatore abbia previsto alcuna eccezione espressa, alla stregua del principio ubi lex voluit dixit, ubi nocuit tacuit. A questo punto, seguendo tale principio, ci si chiede se, in assenza di una riserva espressa, si applichino ai dipendenti pubblici assunti dopo il 7 marzo 2015, anche gli altri istituti del D.Lgs. n. 23/2015 c.d. Jobs act. |
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