Data: 04/11/2022 08:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli

Il fenomeno del randagismo

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Il randagismo è un problema reale a cui assistiamo quotidianamente. Nelle strade delle città non è raro incontrare dei cani che vagano liberi, privi di un collare con targhetta che li riconduca a un padrone. Da soli o in branco, gli animali randagi, proprio perché costretti a cavarsela da soli, non sempre sono così mansueti come ci si attenderebbe da un "amico a quattro zampe".

La fame e la condizione di disagio in cui i randagi sono costretti a crescere e vivere li rende aggressivi e spesso pericolosi per i passanti, che magari nel tentativo di avvicinarsi per aiutarli o dare loro qualcosa da mangiare vengono morsi o aggrediti.

Che cosa può fare un cittadino in questi casi? Ha diritto a essere risarcito se un cane randagio lo morde?

Vediamo cosa dicono la legge e la giurisprudenza al riguardo.

Legge sulla prevenzione del randagismo

Il randagismo nel nostro ordinamento è astrattamente disciplinato dalla legge numero 281 del 1991, nata per prevenire e contrastare questo fenomeno.

Questa legge definisce il riparto di competenze tra Comuni e Aziende sanitarie, al fine di contrastare l'abbandono, il randagismo e favorire la convivenza tra gli uomini e gli animali garantendo nel contempo la salute pubblica.

Ai Comuni la legge assegna il compito di attuare piani di controllo delle nascite, risanare i canili esistenti e costruire nuovi rifugi per cani, nel rispetto di quanto stabilito dalla Regione di appartenenza.

Ai servizi veterinari delle unità sanitarie locali, invece, sono affidate le attività di profilassi, controllo igienico-sanitario e polizia veterinaria.

Il compito di disciplinare le misure di attuazione delle funzioni di ASL e Comuni è affidato alle Regioni, che provvedono in tal senso con apposite leggi.

Da tale ripartizione è chiaro che pedoni, ciclisti e motociclisti che sono aggrediti dai cani randagi non restano privi di tutela. Vediamo in che modo.

Morso di cane: chi risarcisce il danno?

Il fatto che la legge abbia previsto un riparto di competenze tra soggetti diversi complica la richiesta risarcitoria, perché non sempre è facile individuare il soggetto responsabile.

La giurisprudenza, per fortuna, ha fornito nel corso degli anni importanti chiarimenti al riguardo.

La sentenza n. 9621/2022 della Cassazione fornisce lumi sulle conseguenze del morso di un cane randagio, sia in ordine al tipo di responsabilità, che è riconducibile all'art. 2043 c.c. e non all'art. 2052 c.c. che disciplina nello specifico il danno cagionato da un animale che ha un proprietario, sia in ordine all'ente che, nei casi specifici, deve provvedere al risarcimento del danno causato dal morso di un cane, visto che tra gli stessi e l'animale non sussiste un rapporto di proprietà, ma agli stessi la legge attribuisce il compito di gestire il fenomeno del randagismo.

Nella sentenza citata gli Ermellini precisano infatti che:

  • “nella fattispecie di illecito aquiliano che viene così configurandosi, l'individuazione dell'ente cui le leggi nazionali e regionali affidano in generale il compito di controllo e gestione del fenomeno del randagismo rileva non sul piano della colpa, ma dell'imputazione della responsabilità omissiva sul piano causale" (Cass. Sez. 3, sent. n. 17060 del 2018);

  • in base a questa impostazione, poiché è la "esistenza dell'obbligo giuridico" che "fonda l'antigiuridicità della condotta omissiva (...), occorre preliminarmente "analizzare la normativa regionale caso per caso per dirimere la controversia in ordine a quale ente sia ascrivibile la responsabilità civile" per danni da mancata cattura di animale randagio;

  • (…) una volta individuato il soggetto titolare dell'obbligo giuridico di recupero dei cani randagi, quanto alla prova della imputabilità — e, dunque, della colpa — per non avervi ottemperato, la più recente giurisprudenza di questa Corte ha precisato (...) che "in base al principio del neminem laedere, la P.A è responsabile dei danni riconducibili all'omissione dei comportamenti dovuti, i quali costituiscono il limite esterno alla sua attività discrezionale", sicché "in presenza di obblighi normativi, la discrezionalità amministrativa si arresta, poiché l'ente è tenuto ad evitare o ridurre i rischi connessi all'attività di attuazione della funzione attribuitale" (Cass. Sez. 6-3, ord. 26 maggio 2020, n. 9671; Cass. Sez. 6-3, ord. 9 novembre 2021, n. 32884).

Ne consegue in sintesi che i soggetti che vengono morsi da cani randagi possono essere risarciti dei danni subiti per violazione del principio del neminem laedere di cui all'articolo 2043 del codice civile e nel farlo potranno rivolgersi sia ai Comuni che alle ASL.

Ai Comuni quando trascurano di adottare le cautele necessarie per rimuovere il potenziale pericolo rappresentato dai cani randagi, spettando a questo ente locale compiti di organizzazione, prevenzione e controllo degli animali vaganti, smarriti o scomparsi.

Alle ASL, invece, ci si può rivolgere in quanto sono i servizi veterinari a dover provvedere concretamente alla cattura dei cani, al loro ricovero nei canili municipali, alla sterilizzazione e alla reimmissione.


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