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Data: 12/01/2016 12:30:00 - Autore: Gilda Summaria di Gilda Summaria - La Cassazione più volte si è interessata al problema del riparto di giurisdizione, nel caso di giudizio per responsabilità amministrativa, tra il giudice dei conti ed il giudice ordinario, ove per responsabilità amministrativa, si intende un'azione a contenuto patrimoniale in cui potrebbe incorrere chi intrattiene con un ente pubblico un rapporto qualificabile quale "pubblico impiego" o semplice " rapporto di servizio" e che si profila per violazione di obblighi o per comportamenti illeciti posti in essere con dolo o colpa grave e forieri di danno economico (c.d. danno erariale) a carico dell'ente stesso. Affinchè possa radicarsi la giurisdizione della Corte dei Conti deve palesarsi un rapporto di servizio o di pubblico impiego, per tale motivazione, non sempre la Cassazione ha inteso riconoscere la giurisdizione del giudice dei conti rispetto agli enti o alle società in mano pubblica, anzi spesso, l'ha riconosciuta solo a fronte delle sole funzioni pubbliche svolte dagli stessi e non per attività di impresa o di stampo squisitamente privatistico (Cass., S.U., n. 9780/1998). Successivamente una parte della dottrina, attenta al problema, ha sviluppato la concezione che tale assunto non fosse propriamente in linea con la tendenza al superamento del "discrimen" tra pubblico e privato, rinvenibile nella tendenza costante ed inarrestabile da parte delle PP.AA. ad usare moduli negoziali per il perseguimento di fini pubblici, così come nella privatizzazione del pubblico impiego, pertanto ha suggerito di puntare nel riparto di giurisdizione sull'utilizzo o meno di denaro pubblico ai fini del perseguimento di pubblici interessi. Le stesse Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n. 15458/2007, riconoscono la giurisdizione contabile della Corte dei Conti in materia di responsabilità amministrativa, non solo se il danno si è verificato in occasione del perseguimento di fini istituzionali propri della P.A. ma anche quando la stessa opera con strumenti di matrice privatistica, la natura delle risorse economiche utilizzate inizia a discriminare il riparto di giurisdizione. Per quanto poi attiene alla responsabilità amministrativa di amministratori di società in mano pubblica, le S.U. nella sentenza n. 3899/2004, in controtendenza assoluta rispetto ad un criterio puramente formalistico, statuiscono "expressis verbis" che va esaminata, ai fini del riparto, unicamente la natura dell'attività svolta dalla società. Se l'attività della società partecipata è comunque rivolta al perseguimento di finalità pubblicistiche, sarà difficilmente sconfessabile che tra la stessa società e l'ente che la partecipa intercorra un rapporto di servizio, con conseguente relazione funzionale se non propriamente organica, la società strumentale si inserisce a pieno titolo nel procedimento dell' ente pubblico e concorre con esso al perseguimento del fine istituzionale. Tale orientamento è stato sussunto in molte altre decisioni degli Ermellini (cfr., Cass. S.U. nn. 26806/2009; 14957/2011; 20940/2011; 3692/2012), facendo spostare il fulcro del riparto di giurisdizione dalla natura della società in controllo pubblico alla natura del danno (derivante dalla natura pubblica dei fondi) e dal presupposto ineludibile che ciò abbia leso direttamente il patrimonio dell'Ente Pubblico controllante, a tale stregua anche un privato può incidere in modo da configurare un danno erariale quando ad es. utilizza un contributo pubblico in modo difforme dalle finalità pubblicistiche per cui lo stesso è stato concesso, determinando un'illegittima erogazione e percezione di fondi pubblici. |
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