|
Data: 12/01/2016 07:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli di Valeria Zeppilli – Sbagliano i lavoratori dipendenti che sperano di potersi salvare dagli accertamenti fiscali, in ragione delle loro minori possibilità di evasione. Se le spese effettivamente sostenute superano quanto sarebbe possibile considerando le loro capacità economiche, il fisco può provvedere, in tutta legittimità, a notificare un avviso di accertamento. Con la sentenza numero 7101/2015, infatti, la Commissione Tributaria di Roma ha sancito la legittimità della selezione indiscriminata, da parte dell'Agenzia delle entrate, dei soggetti da controllare tramite accertamenti in banca e redditometro. Quindi della ricomprensione, tra di essi, anche dei lavoratori dipendenti. L'accertamento, nel caso di specie, era scattato proprio nei confronti di una lavoratrice dipendente che era risultata proprietaria di diversi immobili, oltre che della sua abitazione principale e di un'auto, e che si avvaleva delle prestazioni professionali di una collaboratrice domestica. La donna, infatti, non era stata in grado di dimostrare con quali entrate riusciva a conservare un simile tenore di vita e a finanziare i suoi investimenti, stante l'impossibilità di farvi fronte con quanto dalla stessa percepito mensilmente come corrispettivo della propria prestazione lavorativa. Si tratta, insomma, di una sentenza importante in quanto sdogana la falsa convinzione che la condizione di subordinazione lavorativa porrebbe i contribuenti al riparo da eventuali controlli fiscali. Se anche la capacità di spesa dei lavoratori dipendenti supera il reddito dichiarato, insomma, il fisco può legittimamente intervenire e rettificare l'importo delle imposte dovute. |
|