Data: 12/01/2016 11:00:00 - Autore: Marina Crisafi

di Marina Crisafi - Si è conclusa ieri la quarta lettura della Camera al disegno di legge di riforma della Costituzione, con un sì a larga maggioranza (367 voti a favore, 194 no e 5 astenuti). Un'approvazione quasi "indolore" (nonostante il no di, praticamente, tutte le opposizioni), per quella che il premier ha definito "la madre di tutte le battaglie" e che tuttavia non è affatto conclusa, visto che il ddl dovrà tornare al Senato per l'ultima lettura per traghettare nuovamente a Montecitorio per il via libera definitivo (senza possibilità di emendamenti e a maggioranza assoluta).

Ma non è finita qui, perché dopo aver ottenuto l'ok da entrambe le Camere (entro la fine di aprile), la legge sarà sottoposta a referendum confermativo, e quindi sarà affidato agli italiani il compito di decidere, per cui l'esito non è per nulla scontato.

Nel frattempo (il referendum non si terrà prima dell'autunno), il testo va avanti, nella sua veste ormai "definitiva": la stessa licenziata ad ottobre dal Senato (leggi: "Addio al vecchio Senato e al bicameralismo perfetto") e sulla quale la Camera non ha apportato modifiche .

Ecco, quindi, le novità del sistema che cambierà l'Italia repubblicana:

Il nuovo Senato dei 100

Pur continuando a chiamarsi della Repubblica, il nuovo Senato non sarà più formato da 315 membri eletti dal popolo, ma da 100, di cui 95 "nominati" dai Consigli Regionali (e province di Trento e Bolzano), suddivisi tra 74 senatori scelti tra i propri componenti e 21 sindaci-senatori (uno per ogni consiglio), e 5 nominati dal Capo dello Stato che resteranno in carica per 7 anni.

I poteri del Senato

Il compito dei 100 sarà quello di rappresentare le istituzioni territoriali facendo da raccordo tra Stato e enti.

Non spetterà più al Senato votare la fiducia al governo, ma i senatori potranno valutare le politiche pubbliche e l'attività della P.A. verificando anche l'impatto delle politiche europee sui territori. Potranno anche esprimere pareri sulle nomine governative e verificare l'attuazione delle leggi.

Cambia l'iter delle leggi

Con l'addio al bicameralismo perfetto, cambierà anche la competenza legislativa delle due camere e l'iter per l'approvazione delle leggi.

Per la maggior parte delle norme si farà riferimento, dunque, solo alla Camera che diventa l'unica assemblea legislativa (con invariato il numero di 630 deputati e l'elezione a suffragio universale), acquisendo peraltro maggiori "poteri" di approvazione sulle leggi di competenza delle regioni, laddove ciò sia necessario a tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica o nell'interesse nazionale.

Il Senato potrà chiedere modifiche ai testi, ma Montecitorio potrà non dar seguito alla richiesta. Quando le modifiche riguardano leggi sul rapporto Stato-Regioni il rifiuto però potrà avvenire solo a maggioranza assoluta.

L'iter tradizionale, dell'approvazione di un testo identico da entrambe le Camere (com'è oggi), rimarrà soltanto sulle materie più importanti (come, ad es., le leggi costituzionali, i referendum, ecc.).

Elezione del Capo dello Stato e dei giudici della Consulta

Il presidente della Repubblica sarà sempre eletto dai 630 deputati e dai 100 senatori, ma non dai rappresentanti delle regioni visto che tali saranno i senatori stessi.

A cambiare è anche la procedura. Saranno necessari i due terzi dei componenti per i primi tre scrutini, mentre dal quarto al settimo basteranno i tre quinti dei componenti e dal settimo in poi il quorum scenderà ulteriormente a tre quinti dei votanti.

In merito alla Corte Costituzionale, dei quindici giudici 5 saranno eletti dal Parlamento (tre dalla Camera e due dal Senato) e verrà introdotto, su richiesta di un quarto dei deputati, il ricorso preventivo alla Consulta sulle leggi elettorali.

800mile firme per il referendum

Salgono a 800mila le firme necessarie per il referendum (contro le attuali 500mila), ma verrà ridotto il quorum richiesto per la sua validità, bastando il voto della metà degli elettori delle ultime elezioni politiche in luogo della metà degli scritti alle liste elettorali.

Sempre sul fronte degli istituti di democrazia diretta, cambiano anche le iniziative legislative popolari: le firme necessarie per presentare un ddl passeranno da 50mila a 150mila, in compenso, però, l'esame non sarà più rimesso alla discrezionalità delle Camere e i regolamenti parlamentari dovranno indicare dei tempi certi.

Addio al Cnel

La riforma prevede l'abrogazione del Consiglio Nazionale per l'Economia e il Lavoro (Cnel), organo costituzionale sin dal 1948.

Stessa sorte per le province, che saranno cancellate dalla carta costituzionale.


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