Data: 13/01/2016 12:30:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - No al "permesso di necessit�" al condannato per incontrare la moglie e intrattenere un rapporto intimo con lei.
La necessit� di trascorrere un breve periodo di tempo con il coniuge, al fine di consumare il matrimonio celebrato in carcere, non costituisce motivo grave che, se accertato, pu� legittimare la concessione di permesso al detenuto a norma dell'art. 30 Ord. pen..

Lo ha disposto la Corte di Cassazione, prima sezione penale, sentenza 8822/2016 (qui sotto allegata) respingendo il ricorso di un detenuto che aveva richiesto un permesso di necessit� per incontrare la moglie e consumare il matrimonio celebrato con rito civile nel corso della detenzione.
La richiesta aveva gi� trovato il "no" dei giudici di merito secondo cui tale richiesta non rientrava nella previsione di cui all'art. 30, comma secondo, Ord. Pen., quale evento familiare di particolare gravit�, legittimante il permesso anche a favore dei detenuti che non fruiscono di permessi premio.

Per i giudici, l'esercizio dell'affettivit�, inteso come espressione della sessualit�, allo stato della normativa vigente � assicurato al detenuto dal "permesso premio" e non dal permesso cosiddetto di necessita, che l'interessato ha invocato anche al fine di evitare l'annullamento del matrimonio per mancata consumazione

La difesa, dinnanzi agli Ermellini, evidenzia che la consumazione del matrimonio sia da considerarsi evento unico e irripetibile e ontologicamente eccezionale, e non come esercizio (ordinario) dell'affettivit�: pertanto, tale atto non sarebbe rinviabile ai tempi lunghissimi del permesso premio.
Inoltre, secondo il ricorrente, l'art. 30, secondo comma, O.P. non andrebbe circoscritto ai soli eventi pregiudizievoli o deteriori per la condizione del nucleo familiare di appartenenza del condannato poich� tale interpretazione restrittiva contrasterebbe con l'art. 3, punto f), della legge n. 898/1970 e con le disposizioni a tutela della famiglia.

La Cassazione, nel pronunciarsi circa l'infondatezza del ricorso, chiarisce che il c.d. permesso di necessit� "va limitatamente concesso ai soli casi di imminente pericolo di vita di un familiare o di un connivente e, solo eccezionalmente, per eventi familiari di particolare gravit�, in adesione alla struttura e finalit� dell'istituto" che non costituisce un beneficio premiale, bens� una misura concedibile a qualsivoglia condannato per il suo carattere emergenziale  ed eccezionale.

Quindi, la possibilit� di concedere il beneficio va coerentemente limitata a situazioni in cui la gravit� si ponga in termini di irreparabilit� attuale o concretamente probabile.
Non ha dunque rilevanza la richiesta avanzata dal ricorrente circa un controllo di legittimit� costituzionale al fine dell'interpretazione estensiva della nozione di "evento familiare di particolare gravit�" per potervi ricomprendere l'evento di "speciale rilevanza", in cui resterebbe incluso il diritto del detenuto a esercitare la propria sessualit� a seguito di matrimonio contratto in carcere.
Rientra nella discrezionalit� propria del legislatore la limitazione della possibilit� di concedere il permesso di necessit� a condannati e internati, quindi esula dai limiti del controllo di legittimit� costituzionale l'operazione additiva richiesta dal ricorrente.

Sbagliato anche ricondurre l'esercizio della propria affettivit� nella sfera sessuale al diritto di sposarsi e formare una famiglia e al diritto al rispetto della vita privata e familiare: la Corte Edu ha pi� volte ricordato che qualsiasi detenzione regolare comporta, per sua natura, una restrizione alla vita privata e famigliare dell'interessato e tali restrizioni sono legittime se non eccedono quanto � necessario alla pubblica sicurezza, alla difesa dell'ordine e alla prevenzione dei reati in una societ� democratica

Nel caso di specie, stante la gravita dei reati per cui il ricorrente sta espiando la condanna, tra i quali rientra l'associazione mafiosa, il lontano fine pena (fissato al 204) e la non remota decorrenza di essa, le limitazioni subite dal ricorrente alla sua vita privata e famigliare risutlano del tutto proporzionate agli scopi legittimamente perseguiti attraverso l'esecuzione della pena, senza che lo Stato abbia oltrepassato il amrgine di appezzamento di cui gode in materia

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