|
Data: 20/01/2016 17:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Lui e lei erano stati amanti per quarant'anni e lui era già abituato a farle regali molto costosi e a corrisponderle ingenti somme di denaro per garantirgli un elevato tenore di vita. E tutto ciò con il consenso delle figlie. Quando però, con l'età, è iniziato un decadimento fisico e psichico, l'uomo aveva iniziato a prelevare anomale quantità di denaro per consegnarle all'amante di cui era divenuto completamente succube. Sottoposto ad amministrazione di sostegno lui continuava a racimolare quanto possibile per consegnarlo all'amante ogni volta che lo andava a trovare. La donna finiva così sotto processo per circonvenzione di incapace. Dopo un duplice verdetto di condanna la Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito facendo così notare che se i regali e le donazioni in denaro all'amante (anche di notevole valore) possono risultare atti normali ed incensurabili, quando interviene uno stato di incapacità della persona il discorso cambia. E chi riceve le donazioni può essere accusato di circonvenzione d'incapace se viene provato l'abuso dello stato di infermità o deficienza psichica e l'induzione al compimento di atti dannosi: in tal caso (spiega la Cassazione con la sentenza n. 1923/2016 qui sotto allegata) diventa del tutto irrilevante il comportamento tenuto dal circuìto quando era compus sui, proprio perché, stante la sua condizione patologica, diventa impossibile stabilire se - ove fosse stato compus sui - avrebbe tenuto o continuato a tenere, quel determinato comportamento. La donna aveva tentato di difendersi sostenendo che il facoltoso amante le aveva per oltre quarant'anni e con la consapevole accondiscendenza delle figlie, regalato notevoli somme di denaro e costosi oggetti facendole mantenere un alto tenore di vita. Le modalità della relazione erano poi proseguite anche durante la vecchiaia dell'uomo, sicché per la difesa non vi sarebbe stato motivo di ritenere che l'amante fosse stato circuìto, mancando prova dell'induzione perché l'uomo aveva continuato "ostinatamente a fare ciò che aveva sempre fatto". Una tesi che non ha fatto breccia nei giudici di piazza Cavour specie perché è risultato accertato un lento, costante ed inarrestabile decadimento fisico e psichico dell'uomo, dovuto a una sofferenza cerebrale. Si trattava di una compromissione globale, intesa come "completa incapacità di intendere e di volere, ravvisabile a terzi" frequentatori abituali dell'uomo. Ciò aveva provocato episodi anomali, come il prelievo di un'abnorme quantità di denaro (circa 250mila euro) di cui risultò beneficiaria la donna, tanto che il funzionario di banca, allarmato dalla "emorragia di denaro" ritenne di avvisare la famiglia. Insomma, dopo essere stato sottoposto all'amministrazione di sostegno, il facoltoso latin lover, era diventato totalmente succube della donna cercando in maniera ossessiva di mettere da parte più soldi possibili per consegnarli alla donna durante i loro incontri. Per questo i magistrati hanno ritenuto che l'uomo non avesse continuato a fare quello che aveva sempre fatto perché, a differenza di quanto accadeva negli anni passati, "non era più libero di determinarsi nelle sue donazioni (...) a causa della sua deficienza psichica e, per altro verso, veniva indotto dall'imputata a proseguire in tali donazioni di denaro con una costante attività di suggestione, di pressione morale, volta a determinare la sua minorata volontà". I giudici rammentano il consolidato principio di diritto secondo il quale "l'induzione può essere desunta in via presuntiva potendo consistere anche in un qualsiasi comportamento o attività da parte dell'agente (come ad es. una semplice richiesta) alla quale la vittima, per le sue minorate condizioni, non sia capace di opporsi e la porti, quindi, a compiere, su indicazione dell'agente, atti che, privi di alcuna causale, in condizioni normali non avrebbe compiuto e che siano a sé pregiudizievoli e a lui favorevoli, atteso che l'attività di induzione dev'essere diversamente valutata e graduata a seconda dello stato psichico in cui versi la vittima". Quando un soggetto è dichiarato affetto da uno stato di deficienza psichica, la legge fa scattare intorno a lui una sorta di "cordone sanitario" proprio al fine di impedire che altri (chiunque esso sia) se ne possa approfittare. Ovviamente, il suddetto meccanismo legislativo non è assoluto in quanto la legge ha richiesto la prova dell'abuso, da parte dell'agente, dello stato di infermità o deficienza psichica e dell'induzione al compimento di atti dannosi. Tale prova, nel caso di specie, è stata ampiamente fornita e la ricorrente si è limitata ad allegare un irrilevante comportamento pregresso del circuito peraltro smentito da entrambi i giudici di merito. Infatti, appare del tutto irrilevante ragionare sulla base del comportamento tenuto dal circuìto quando era "in sè" proprio perché l'intervenuta condizione patologica rende impossibile verificare se quel comportamento sarebbe continuato in condizioni di salute psicofisica non alterate.
Il ricorso è stato dunque dichiarato inammissibile. |
|