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Data: 27/01/2016 11:00:00 - Autore: Avv. Paolo Accoti Avv. Paolo Accoti - E' principio pacifico quello per cui, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, emesso per la riscossione di oneri condominiali, il giudice investito di detto giudizio è tenuto a verificare l'esistenza del debito e la documentazione posta a supporto dello stesso, ma non può in nessun modo sindacare, neppure in via incidentale, la validità o meno della delibera condominiale sottesa alla ingiunzione di pagamento, dovendosi al contrario limitarsi a verificare la sua perdurante efficacia. In altri termini, il giudice dell'opposizione non può esaminare la delibera costitutiva del credito azionato con il giudizio monitorio, ma deve circoscrivere la sua indagine alla constatazione della sua immanenza, vale a dire se la stessa, qualora sia stata impugnata con l'autonomo giudizio dinnanzi al tribunale, sia stata o meno sospesa cautelarmente dal giudice competente. Solo in caso di sospensione di quella delibera, il giudice chiamato a decidere sull'opposizione a decreto ingiuntivo - a quel punto - dovrà a sua volta sospendere il giudizio, venendo meno uno dei presupposti per l'emissione del decreto ingiuntivo ex art. 63 disp. att. c.c., in attesa della definizione di quel giudizio di merito. Negli altri casi e, pertanto, in assenza di sospensione cautelare della delibera, come risulta pacifico, sulla scorta del presupposto che tra il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e l'impugnazione della delibera assembleare posta a sostegno della ingiunzione non sussiste alcun rapporto di connessione, continenza o pregiudizialità necessaria, tale da giustificare la sospensione del procedimento di opposizione ai sensi dell'art. 295 c.p.c., il giudice dovrà decidere esclusivamente sul merito della opposizione, limitandosi a verificare l'esistenza del debito, senza alcuna ulteriore indagine che involga la delibera posta a sostegno dell'ingiunzione di pagamento. Tuttavia, come confermato di recente dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 305, del 12.01.2016, tale principio trova un eccezione, allorquando ci si trovi dinnanzi una delibera radicalmente nulla. Prima di entrare nel merito della decisione assunta, ricordiamo come, la medesima Corte, a Sezione Unite, con la nota sentenza del 2005, ha definitivamente indicato i criteri per poter distinguere le delibere nulle, da quelle semplicemente annullabili. Tanto è vero che: "Le delibere dell'assemblea di condominio sono nulle se prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume), con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, se incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini ed, infine, se comunque invalide in relazione all'oggetto, mentre sono annullabili se affette da vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, affette da irregolarità nel procedimento di convocazione e se violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all'oggetto. " (Cass. civ. Sez. Unite, 07/03/2005, n. 4806). Come altrettanto noto, importante conseguenza di ciò è che le delibere annullabili devono essere impugnate nel termine di trenta giorni previsto dall'art. 1137, comma II c.c., mentre quelle nulle possono essere impugnate da chiunque vi abbia interesse, senza limiti di tempo, salvo quello decennale dell'ordinaria prescrizione ex art. 2946 c.c. Fatta questa doverosa premessa, esaminiamo la fattispecie portata all'attenzione della Suprema Corte, nella sentenza oggi in commento. A seguito di ingiunzione di pagamento ottenuta dall'amministratore p.t. di un condominio, afferente la quota parte dovuta per la realizzazione di lavori di manutenzione straordinaria, con atto di citazione, i condòmini ingiunti proponevano opposizione dinnanzi al giudice di pace. Gli stessi, che al fine di evitare l'esecuzione nelle more provvedevano al pagamento della somma ingiunta, evidenziavano che, pur essendo condomini, non occupavano l'appartamento per il quale si richiedeva il versamento degli oneri condominiali e che non avevano potuto presenziare all'assemblea nella quale si era deliberata l'esecuzione dei lavori straordinari, mentre avevano votato contro l'approvazione del consuntivo di spesa nella successiva assemblea. Eccepivano inoltre che i lavori realizzati dal condominio (peraltro non eseguiti a regola d'arte), avevano riguardato anche il balcone di loro esclusiva proprietà e tanto senza alcun permesso da parte degli stessi, di talché la delibera risultava inesorabilmente nulla. Concludevano, quindi, per la declaratoria di nullità della menzionata delibera di esecuzione dei lavori straordinari e, conseguentemente, per l'accoglimento della spiegata opposizione con la revoca del decreto ingiuntivo. Resisteva in giudizio il condominio convenuto, il quale, chiamava la ditta affidataria dei lavori di manutenzione che, costituendosi in giudizio, chiamava in causa la propria compagnia di assicurazioni per essere manlevata da qualsivoglia onere economico. Il Giudice di Pace dichiarava la parziale nullità delle deliberazioni adottate dall'assemblea di condominio, e di tutti gli atti conseguenziali riguardante la proprietà esclusiva degli opponenti, revocando a tal uopo il decreto ingiuntivo opposto. Proponeva appello il condominio soccombente, il quale lamentava l'erroneità della Sentenza, per avere il Giudice di pace dichiarato l'invalidità delle delibere assembleari, peraltro, neppure tempestivamente impugnate nei termini di cui all'articolo 1137 c.c., resistevano in giudizio i condomini vittoriosi in primo grado. Il Tribunale di Chiavari, quale giudice d'appello, accoglieva il gravame, tuttavia, i condòmini ingiunti proponevano ricorso per cassazione, deducendo la violazione e falsa applicazione degli articoli 1117, 1135, 1136, 1137 e 1421 c.c., in considerazione del fatto che le delibere in questione dovevano ritenersi radicalmente nulle, circostanza valutabile anche dal giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo, quand'anche d'ufficio. La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ritiene l'anzidetto motivo fondato. La stessa rileva come il Tribunale abbia sostanzialmente applicato al caso di specie il principio per cui, nell'opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali, il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo questa riservata al giudice davanti al quale dette delibere sono state impugnate, per come ricordato dalla stessa corte, a Sezioni Unite, nella sentenza del 18/12/2009, n. 26629. Tuttavia afferma odiernamente la Corte, il giudice di appello trascura: "di prendere in considerazione il fatto che il vizio del quale risulterebbe affetta la delibera con la quale sono stati approvati i lavori, il cui corrispettivo pro quota e oggetto della richiesta monitoria, rientrerebbe propriamente tra quelli idonei a determinare la ben più radicale conseguenza della nullità della libera". Ciò posto, non si può revocare in dubbio che l'assemblea condominiale autorizzando dei lavori straordinari sui balconi di proprietà esclusiva dei condomini ricorrenti, senza il consenso degli stessi, ma neppure con l'unanimità dei partecipanti al condominio, ha partorito una delibera radicalmente nulla, per come insegnato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 4806/2005 e che, pertanto: "non appare correttamente applicato il principio della rilevabilità, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, dell'invalidità della delibera assembleare". Ciò posto, la Corte di Cassazione ribadisce il principio, già espresso da questa Corte nella sentenza 9641/2006 e, sostanzialmente conformato in motivazione dalle sentenze n. 23688/2014 e n. 1439/2014, secondo cui: "ben può il giudice rilevare di ufficio la nullità quando, come nella specie, si controverta in ordine alla applicazione di atti (delibera d'assemblea di condominio) posta a fondamento della richiesta di decreto ingiuntivo, la cui validità rappresenta elemento costitutivo della domanda" (Cass. civ., Sez. II, 12/01/2016, n. 305). Ma attenzione però: il problema potrebbe porsi qualora la delibera, per il valore contestato, esuli dalla competenza del giudice, nel caso sopra visto il Giudice di pace. Ed infatti: "Ai fini della determinazione della competenza per valore, riguardo all'impugnativa della deliberazione dell'assemblea condominiale di approvazione del rendiconto annuale e di ripartizione dei contributi, seppure l'attore abbia chiesto la dichiarazione di nullità o l'annullamento dell'intera delibera, deducendo l'illegittimità di un obbligo di pagamento a lui imposto, occorre far riferimento soltanto all'entità della spesa specificamente contestata" (Cass. civ., Sez. VI, Ordinanza, 05/07/2013, n. 16898. Nello stesso senso: Cass. civ. Sez. VI, Ordinanza, 17/09/2015, n. 18283). Tuttavia, nel caso di ingiunzione di pagamento per oneri condominiali nei limiti della somma di Euro 5.000,00 di competenza, pertanto, del Giudice di pace (ex art. 7 c.p.c.), con contestuale opposizione nel merito ed eccezione di nullità della delibera condominiale alla stessa sottesa, anche in ordine ad altre motivazioni ovvero poste di spesa nella stessa contenuta che, pertanto, farebbero lievitare il valore della contestazione oltre gli Euro 5.000,00 e, quindi, oltre la competenza per valore del Giudice di pace, quid iuris? Partiamo dal presupposto che in virtù del principio di diritto assolutamente costante, la competenza del giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo, risulta funzionale ed inderogabile, pertanto, l'opposizione si propone dinnanzi all'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo (art. 645 c.p.c.), nel caso di specie, il Giudice di pace. Logica conseguenza di ciò è che, quand'anche con l'opposizione all'ingiunzione di pagamento si proponga una domanda riconvenzionale di valore eccedente la competenza dello stesso ovvero, come nel caso di specie, il giudice dell'opposizione sia chiamato a valutare l'eventuale nullità di una delibera che per valore esuli dalla sua competenza, si dovranno necessariamente separare i due giudizi, essendo preclusa, in virtù del predetto carattere funzionale e inderogabile dell'opposizione, la rimessione dell'intera causa al Giudice superiore. Pertanto, il Giudice di pace sarebbe chiamato a decidere sull'opposizione di merito al decreto ingiuntivo, mentre la questione relativa alla dedotta nullità della delibera condominiale, posta a fondamento del decreto ingiuntivo, verrebbe decisa dal giudice superiore, nel caso concreto il Tribunale. Ciò potrebbe comportare, per ipotesi, un rigetto dell'opposizione, con conferma pertanto del decreto ingiuntivo opposto, con il condomino costretto a sborsare l'intera somma ingiunta, oltre alle spese del giudizio di opposizione e magari, successivamente, il Tribunale potrebbe accogliere l'eccezione di nullità della delibera dichiarandone la sua nullità. Circostanza che costringerebbe il condomino ad avviare una successiva, lunga e costosa, procedura giudiziaria per la restituzione delle somme versate, in virtù della sopravvenuta declaratoria di inefficacia della delibera che ha dato origine all'ingiunzione di pagamento. Né sarebbe possibile nelle more, chiedere la sospensione del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, in virtù del principio per cui: "Tra il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di oneri condominiali e la controversia avente ad oggetto l'impugnazione della delibera assembleare posta a sostegno della ingiunzione non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità necessaria, tale da giustificare la sospensione del procedimento di opposizione ai sensi dell'art. 295 cod. proc. civ., tenuto conto, da un lato, che il diritto di credito del condominio alla corresponsione delle quote di spesa per il godimento delle cose e dei servizi comuni non sorge con la delibera assembleare che ne approva il riparto, ma inerisce alla gestione dei beni e servizi comuni, sicché l'eventuale venir meno della delibera per invalidità, se implica la perdita di efficacia del decreto ingiuntivo, non comporta anche l'insussistenza del diritto del condominio di pretendere la contribuzione alle spese per i beni e servizi comuni di fatto erogati; e considerato dall'altro, che l'eventuale contrasto tra giudicati che potrebbe, in ipotesi, verificarsi in seguito al rigetto della opposizione ed all'accoglimento della impugnativa delle delibera, potrebbe essere superato in sede esecutiva, facendo valere la perdita di efficacia del decreto ingiuntivo come conseguenza della dichiarata invalidità della delibera (Cass. civ. Sez. II (Ord.), 07/10/2005, n. 19519. Nello stesso senso: Cass. civ. Sez. Unite, 27/02/2007, n. 4421; Cass. civ. Sez. II, 01/08/2006, n. 17486). In questi casi, al fine di evitare l'ingiunzione di pagamento e, quindi, l'esborso di somme a titolo di oneri condominiali che, in caso di nullità della delibera dovrebbero essere restituiti, è assolutamente consigliabile impugnare tempestivamente la delibera ritenuta nulla e, nel caso ne ricorrano i presupposti, avanzare istanza di sospensione cautelare della stessa. In virtù del novellato art. 1137 c.c., l'istanza per ottenere la sospensione della delibera, contrariamente a quanto accadeva prima dell'entrata in vigore della legge di riforma del condominio (L. 220/2012), ora può essere chiesta anche prima dell'avvio del giudizio di merito, fermo restando che detta istanza non sospende né interrompe il termine per proporre l'impugnazione della delibera (IV comma). Sulla natura cautelare dell'istanza di sospensione dell'esecutività della delibera nessun dubbio può ora avanzarsi, se mai ve ne fossero stati, in considerazione del fatto che il predetto IV comma, dell'art. 1137 c.c., espressamente prevede l'applicabilità della disciplina dettata dagli artt. 669 bis e segg. c.p.c. Ciò posto, come in tutti i procedimenti cautelari, l'istante, per vedere accolta la propria richiesta, dovrebbe dimostrare sia il cd. periculum in mora, vale a dire il pregiudizio imminente ed irreparabile, che il cd. fumus boni iuris ovvero la probabile esistenza del diritto reclamato. Se l'istanza cautelare viene accolta, nulla quaestio, la perdita di efficacia dell'esecutività della delibera, paralizzerebbe l'ingiunzione di pagamento, venendone meno i presupposti per l'emissione, con conseguente revoca dello stesso, al contrario il rigetto dell'istanza e, pertanto, la perdurante efficacia della delibera, potrebbe comportare le problematiche sopra viste, con tutte le conseguenze in relazione al pagamento delle somme ingiunte. Né, come detto in precedenza, si può tentare la strada della sospensione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, nell'attesa della definizione di quello relativo all'impugnativa della delibera condominiale, considerato che non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità necessaria e, comunque, l'eventuale successivo annullamento della delibera, potrebbe essere opposto in sede esecutiva, facendo valere l'intervenuta perdita di efficacia del decreto ingiuntivo, per come insegnato dalla giurisprudenza maggioritaria. Circostanza che comunque comporterebbe per l'ingiunto la necessità di instaurazione di diversi giudizi, uno di opposizione a decreto ingiuntivo ed uno eventualmente di opposizione all'esecuzione, nella speranza che il giudizio di impugnativa alla delibera condominiale, termini prima dell'esecuzione, evenienza che, come visto sopra, imporrebbe, in caso di declaratoria di nullità o annullabilità della delibera successiva al pagamento delle somme ingiunte ovvero esecutate, la restituzione delle stesse, anche nelle vie giudiziali in caso di inottemperanza. Per completezza, si dà atto dell'orientamento minoritario per cui: "In tema di sospensione necessaria del processo, sussiste il rapporto obiettivo di pregiudizialità di cui all'art. 295 cod. proc. civ. tra la controversia con la quale si fa valere un credito e quella nella quale, tra le stesse parti, viene messa in discussione la validità del titolo costitutivo del credito medesimo. Siffatta pregiudizialità deve conseguentemente ritenersi sussistente tra il giudizio d'opposizione a decreto ingiuntivo emesso ai sensi dell'art. 63 disp. att. cod. civ. sulla base della deliberazione dell'assemblea condominiale d'approvazione della ripartizione delle spese condominiali e il giudizio d'impugnazione della delibera ex art. 1137 cod. civ., potendo in caso di mancata sospensione di quest'ultimo verificarsi l'anomalia della conclusione con passaggio in giudicato di una statuizione sfavorevole all'opponente in ordine alla sussistenza del credito vantato nei suoi confronti dal condominio, a fronte dell'annullamento - all'esito del relativo giudizio d'impugnazione della delibera che di tale credito è titolo costitutivo" (Cass. civ. Sez. II, 11/02/2005, n. 2759. Contra: Cass. civ. Sez. Unite, 27/02/2007, n. 4421; Cass. civ. Sez. II, 20/07/2010, n. 17014; Cass. civ. Sez. II, 07/10/2005, n. 19519). L'anzidetto orientamento, non scevro di spunti condivisibili, ad oggi risulta non seguito, essendo peraltro sull'argomento intervenute le Sezioni Unite, proprio al fine di comporre il contrasto giurisprudenziale creatosi e, quindi, risolto nel senso di escludere una pregiudizialità tra il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e quello di impugnativa a delibera condominiale, sottesa all'emanazione dell'ingiunzione di pagamento. La tesi maggioritaria, si basa essenzialmente sulla specialità della materia condominiale e sulla circostanza per la quale il legislatore, con la formulazione dell'art. 63 disp. att. c.c., ha attribuito all'amministratore il potere di chiedere decreto ingiuntivo, al quale ha anche riconosciuto il carattere dell'immediata esecutività, ciò sulla scorta del prevalente interesse della collettività condominiale, rispetto al singolo condomino il quale, tuttavia, godrebbe comunque della possibilità di chiedere al giudice dell'impugnazione della deliberazione, la sospensione dell'esecutività della stessa. Tuttavia, affinché questo ragionamento possa risultare effettivamente accettabile, anche dall'ottica del singolo condomino, occorrerebbe che l'istanza di sospensiva della delibera non fosse rigidamente ancorata ai concetti classici di periculum in mora e fumus boni iuris. Ed invero, valutare il periculum in mora alla stessa stregua del pregiudizio imminente ed irreparabile, impedirebbe di fatto qualsiasi possibilità di accoglimento dell'istanza di sospensiva fondata su aspetti patrimoniali, essendo questi comunque suscettibili di integrale ristoro, per come comunemente inteso dalla giurisprudenza di merito. Tuttavia, a ciò è facile opinare come la stragrande maggioranza delle impugnative, in via diretta o mediata, attiene a motivazioni economiche, vuoi perché si tratta di deliberazioni che attengono al bilancio, alla ripartizione delle spesse ovvero ai criteri di imputazione delle stesse, pertanto, impedire che nella valutazione della sospensiva possano essere introdotte questioni economiche, medio tempore nei fatti priva di tutela le ragioni del singolo condomino e, contraddice la ratio giustificatrice della sopra riferita sentenza delle Sezioni Unite. A tal proposito, fortunatamente, vi è da registrare un diverso orientamento che ultimamente si sta facendo strada nella giurisprudenza di merito. Lo stesso si fonda sulla "tipicità" dell'azione di sospensione cautelare della delibera condominiale, introdotta dal novellato art. 1137, co. II e IV, c.c. Pertanto, sulla scorta di questo presupposto, al fine di valutare il periculum in mora, non si dovrebbe più fare riferimento alla rigorosa nozione di "grave ed irreparabile pregiudizio", solitamente utilizzata nel provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. (procedimento atipico) che, come è noto, si atteggia quale strumento giuridico residuale, utilizzabile solo in assenza di una procedura tipica (vale a dire prevista ad hoc dal legislatore), evenienza non più riscontrabile per l'istanza di sospensione dell'esecutività della delibera, di recente disciplinata e tipizzata dal legislatore con la modifica dell'art. 1137 c.c. Sulla scorta di ciò, la più accorta giurisprudenza di merito (da ultimo: Tribunale Ascoli Piceno, ord. 29/12/2015) ritiene applicabile alla fattispecie concreta, ai fini dell'individuazione del periculum, la meno rigorosa disciplina prevista per l'annullamento delle delibere societarie dall'art. 2378 c.c. Pertanto, il periculum andrebbe stimato in maniera meno intransigente rispetto al più severo concetto di "irreparabilità" che, a questo punto, degraderebbe verso un più blando "danno ingiusto", da valutarsi in relazione ai contrapposti interessi di cui sono portatori il singolo condomino istante e il condominio resistente, anche in virtù delle conseguenze che potrebbero derivare agli stessi in caso di sospensione cautelare, o meno, della delibera condominiale. Così ricondotti i termini della questione, sicuramente risulterebbe più equo il principio di non pregiudizialità tra l'opposizione a decreto ingiuntivo e l'impugnativa della delibera condominiale sottesa, espresso dalle Sezioni Unite nella sentenza 4421/2007. Diversamente opinando, con un giudizio prognostico del periculum in mora pensato alla stessa stregua del "grave, imminente ed irreparabile danno", il principio di non pregiudizialità, risulterebbe eccessivamente sbilanciato e particolarmente afflittivo per il singolo condomino. Del resto, anche al fine di contemperare i contrapposti interessi, è sempre percorribile la soluzione mediata, vale a dire la sospensione solo parziale della delibera, limitatamente alla posizione del condomino istante, deliberazione che, conseguentemente, continuerebbe a produrre i suoi effetti nei confronti degli altri condòmini, evenienza sicuramente non preclusa dal vigente sistema normativo, anzi spesso usata in via cautelare nei giudizi amministrativi, al fine di salvaguardare le posizione di entrambi i contendenti. |
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