Data: 25/01/2016 16:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli
di Valeria Zeppilli – Con la sentenza numero 885/2016, depositata il 20 gennaio (qui sotto allegata), la terza sezione civile della Corte di cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di responsabilità medica, sancendo che in presenza di interventi sanitari cd. "routinari" è il professionista a dover provare l'assenza di colpa in relazione alla condotta tenuta.

In realtà, quello espresso dalla giurisprudenza nella pronuncia in commento non è un principio nuovo ma, come ricordato dalla stessa Corte, ormai del tutto consolidato.

Insomma: dinanzi a una richiesta risarcitoria per responsabilità medica, è il sanitario a dover dimostrare di aver osservato la diligenza normalmente richiesta ad uno specialista ed esigibile in capo a un medico con la medesima specializzazione.

Così, nel caso di specie, è stato accolto il ricorso presentato da un paziente che aveva visto respinta dai giudici del merito la richiesta di risarcimento avanzata a seguito di un'errata diagnosi dermatologica espletata dal medico convenuto.

La Corte, infatti, ha evidenziato che lo specialista non aveva fornito la prova della propria diligenza né dell'adeguatezza del proprio operato ma, anzi, aveva insistito nel suo errato convincimento circa la patologia del paziente. Paziente che, invece, aveva adempiuto tout court al proprio onere probatorio.

A nulla rileva il fatto, evidenziato dal giudice del merito, che il paziente sia guarito senza postumi: ciò non vuol dire che il ricorrente non abbia subito altri danni di natura non patrimoniale.

La parola torna alla Corte di appello in altra composizione.



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