Data: 27/01/2016 09:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli
di Valeria Zeppilli - Consegnare un atto a mani del portiere è operazione idonea di per sé ad assicurare che l'atto è pervenuto nella sfera del destinatario.

Del resto, se è accertato l'effettivo domicilio di quest'ultimo, la consegna deve considerarsi avvenuta a persona abilitata alla ricezione.

Di conseguenza, inviare una successiva raccomandata non è altro che un'ulteriore garanzia rispetto a omissioni da parte del portiere e non è necessaria la prova dell'effettiva consegna della stessa al destinatario.

Così, la Corte di cassazione, con la sentenza numero 1268 del 25 gennaio 2016 (qui sotto allegata), ha rigettato il ricorso con il quale un imprenditore contestava la nullità di una notifica nei suoi confronti avvenuta a mezzo del servizio postale, assumendo che la consegna a mani del portiere era stata seguita dall'invio al destinatario non di una raccomandata con ricevuta di ritorno ma di una semplice raccomandata.

Per i giudici, insomma, la notifica deve ritenersi perfezionata con l'invio della raccomandata, senza che rilevi il successivo esito della stessa.

Anche se, come nel caso di specie, nelle more dell'invio della raccomandata è intervenuto un trasferimento del domicilio del destinatario. L'onere di documentare il tramutamento tramite un certificato storico di residenza, infatti, sarebbe stato di quest'ultimo.

Dato che, invece, esso non è stato adempiuto, a nulla può rilevare l'indicazione fornita dal portiere circa il trasferimento, priva di riscontro obiettivo.

Nulla da fare dunque per l'imprenditore: la sentenza con la quale la Corte di appello di Roma ha rigettato il suo reclamo avverso la sentenza di fallimento va confermata.


Tutte le notizie