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Data: 27/01/2016 08:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Nessun risarcimento per i danni subiti dall'insegnante colpito da un pallone calciato violentemente da un alunno durante l'ora di educazione fisica. Ciò laddove non sussista un'intenzione di ledere e l'atto è funzionalmente connesso al gioco in corso. Lo ha disposto la terza sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 1322/2016 (qui sotto allegata), su ricorso dei coeredi di una donna che aveva intrapreso la causa quando era in vita. L'attrice aveva convenuto in giudizio il Ministero della Pubblica Istruzione e un'agenzia assicurativa per ottenere il risarcimento dei danni subiti in occasione di un incidente in cui era stata coinvolta, nel 1990, presso il Liceo Scientifico Statale in cui insegnava. Nell'ora di educazione fisica, un alunno di una classe impegnata in una partita di pallavolo nel cortile della scuola, calciò violentemente il pallone, colpendo al viso la stessa attrice che stava tenendo a sua volta una lezione nello stesso cortile, provocandole danni gravissimi sia di natura biologica che patrimoniale. Per i giudici di merito, tuttavia il contesto in cui si era verificato l'incidente e la repentinità del gesto portavano ad escludere un'azione anche solo colposa da parte dell'allievo. Gli eredi ricorrenti, tuttavia, ritengono sussistente la culpa in vigilando dell'insegnante di Educazione Fisica Maschile e, quindi, del Ministero convenuto, contestando la pretesa sussistenza del caso fortuito poiché l'azione posta in essere dall'alunno, staccatosi dal gruppo, sarebbe stata illecita in quanto verificatasi al di fuori dell'esercitazione sportiva consentita e comunque seguito di un'azione (il calcio del pallone) non rientrante nelle regole del gioco della pallavolo e caratterizzata da una particolare durezza. Gli Ermellini, rammentano che l'art. 2048 c.c. non configura un'ipotesi responsabilità oggettiva né per gli allievi né per i precettori, ma "richiede che il danno sia conseguenza del fatto illecito di uno studente, ed ulteriormente richiede che la scuola non abbia predisposto le misure atte a consentire che l'insegnante sotto la cui guida il gioco si svolge sia stato in grado di evitare il fatto". Nel caso, rileva il dato che l'azione dannosa si è consumata nel corso di una gara sportiva, sia pure connotata da prevalenti aspetti ginnici, anziché agonistici. I giudici chiariscono che per distinguere tra comportamento lecito e quello punibile deve essere individuato un collegamento funzionale tra gioco ed evento lesivo, collegamento che "va senz'altro escluso se l'atto è compiuto allo scopo di ledere o con violenza incompatibile con le caratteristiche del gioco e, in tal caso, la condotta è sempre punibile anche se in ipotesi non avesse violato regole dell'attività sportiva svolta". Viceversa, non sussiste alcuna responsabilità se, come avvenuto nel caso di specie, "le lesioni sono la conseguenza di un atto posto senza la volontà di ledere e se, pur in presenza di violazione delle regole di gioco, l'atto è a questo funzionalmente connesso". Le modalità di verificazione del sinistro "depongono per la mancanza di una finalità di ledere in capo all'alunno e per l'esistenza di collegamento funzionale tra l'azione di questi e il gioco in atto, pur se con violazione delle regole del gioco stesso, che non ammette lanci con i piedi". Pertanto la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
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