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Data: 31/01/2016 17:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Deve essere annullato l'accertamento effettuato nei confronti del contribuente che ha acquistato un'auto di lusso e un appartamento utilizzando somme ricevute in eredità da un familiare, non essendo necessario provare che l'acquisto è avvenuto tramite prelievo dal conto cointestato. Lo ha disposto la Corte di Cassazione, sezione sesta civile, con ordinanza n. 1638/2016 (qui sotto allegata). Il contribuente ricorre contro l'Agenzia delle Entrate a causa di un avviso di accertamento IRPEF 2004 emesso ai sensi dell'articolo 38, quinto comma, d.p.r. 600/73. Con detto avviso l'Ufficio aveva ascritto al contribuente il maggior reddito ricostruito induttivamente sulla scorta della capacità di spesa desunta da incrementi patrimoniali (l'acquisto nel 2004 di un'autovettura BMW pagata € 88.000 e nel 2005 di un appartamento pagato €270.000) e dal mantenimento di autoveicoli. La Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto irrilevante la circostanza che il contribuente avesse acquisito, dopo la morte del fratello, le somme da quest'ultimo lasciate su un conto corrente bancario di cui esso contribuente era cointestatario, non essendo dimostrato che gli acquisti e gli incrementi che avevano originato la pretesa erariale fossero stati effettuati attraverso prelevamenti dal predetto conto cointestato. L'impugnazione del ricorrente trova, però, parziale accoglimento in sede di legittimità. La CTR, lamenta la difesa, sarebbe incorsa in errore addossando al contribuente non solo l'onere di provare di aver avuto disponibilità economiche, assoggettate o non assoggettabili a tassazione, idonee a giustificare il sostenimento delle spese oggetto di accertamento, ma anche l'onere di provare che queste ultime siano state sostenute proprio ricorrendo alle predette disponibilità economiche. Gli Ermellini ricordano che "in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l'ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alle spese per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa, a carico del contribuente, ai sensi dell'art. 38, comma 6, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, vigente 'ratione temporis', riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte e non anche la dimostrazione del loro impiego negli acquisti effettuati, in quanto la prima circostanza è idonea, da sola, a superare la presunzione dell'insufficienza del reddito dichiarato in relazione alle spese sostenute". Quindi, secondo la normativa summenzionata, l'accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta. Tuttavia la citata disposizione prevede anche che "l'entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione", quindi è richiesto qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte). Pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, la normativa chiede espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere). I giudici evidenziano, pertanto, che "non è necessario che il contribuente provi che per l'acquisto della vettura e dell'immobile siano stati effettuati prelevamenti dal conto cointestato col fratello, essendo invece sufficiente che il contribuente provi l'entità delle somme giacenti sul conto bancario de quo e la durata del relativo possesso fino all'effettuazione degli acquisti patrimoniali di cui si discute". Sul punto la sentenza va cassata con rinvio.
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