Data: 09/07/2022 07:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Assegnazione della casa coniugale: la norma

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La norma di riferimento per quanto riguarda l'assegnazione della casa familiare e le prescrizioni in tema di residenza quando una coppia entra in crisi e viene avviato il procedimento di separazione, divorzio, annullamento o nullità del matrimonio o quando devono essere presi provvedimenti in relazione ai figli nati al di fuori del matrimonio è l'articolo 337 sexies del codice civile. Detta norma, al comma 1, dispone letteralmente che: "il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell'articolo 2643."
Le regole sull'assegnazione della casa familiare, piuttosto chiare da quanto emerge dal contenuto letterale della norma, sono state specificate nel corso negli anni da numerose e importanti sentenze, soprattutto della Corte di Cassazione, che ha contribuito quindi a dettagliare la materia.

Allontanamento e collegamento con l'habitat domestico

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L'ordinanza n. 32321/2018 della Cassazione viene emessa su ricorso di un padre. Costui si oppone all'assegnazione della casa familiare alla madre della figlia minore, perché la donna ha vissuto nella stessa per un anno, se ne è poi allontanata per tre anni, durante i quali la bambina ha vissuto con la bambina presso i nonni materni, per poi farvi ritorno. Per il ricorrente questa interruzione ha determinato il venir meno del collegamento stabile della minore con il suo habitat domestico. L'immobile quindi, non doveva essere assegnato alla donna e alla minore.
La Cassazione però al riguardo la pensa diversamente, in quanto è emerso che: "l'allontanamento della madre è stato attuato in epoca antecedente la proposizione dello stesso giudizio, rendendo, così, manifesta la crisi della relazione sentimentale tra i genitori, e tanto rende non pertinente la giurisprudenza citata in seno al ricorso, che è relativa al caso della revoca di un provvedimento di assegnazione di un immobile, per il successivo venir meno della sua attitudine a costituire l'habitat della prole. Nella specie, per contro, la madre collocataria non aveva titolo per abitare la casa familiare, di cui ha chiesto l'assegnazione (ricorso del gennaio 2016) a distanza di pochimesi dal suo allontanamento (maggio 2015), e che le è stata riconosciuta, solo, in esito al reclamo (ordinanza del 30.3.2018). Tale lasso di tempo -che è stato reiteramente indicato dal ricorrente come indicativo della perdita del legame affettivo della figlia con la predetta abitazione e nell'ambito del quale si collocano gli accessi (tutti antecedenti il provvedimento della Corte nissena, cfr. pago 2 e 3 memoria) degli agenti di Polizia Municipale attestanti la residenza della controricorrente coi suoi genitori- è, dunque, dipeso dai tempi del processo e non può ritorcersi in pregiudizio dell'interesse della minore. Costituisce, poi, principio consolidato, nonché legislativamente stabilito all'art. 337 sexies c.c, (e prima dall'art. 155-quater c.c.j.che il godimento della casa familiare è attribuito tenendo conto dell'interesse dei figli, disposizione che risponde all'esigenza, che ne costituisce al contempo l'unica ragione, di conservare ai figli di genitori separati l'habitat domestico, da intendersi come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare."

Assegnazione parziaria al genitore non collocatario

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L'immobile che rappresenta la casa familiare viene di preferenza assegnato al coniuge affidatario della prole, ma l'altro genitore ne viene sempre escluso? A questa domanda ha risposto la Cassazione con l'ordinanza n. 24860/2020. In questo caso infatti, in sede di separazione è stata disposta l'assegnazione della casa coniugale alla madre nella sua qualità di genitore collocatario della prole, ma il padre ne ha richiesto l'assegnazione parziaria. Richiesta che però, gli Ermellini hanno deciso di respingere, come del resto aveva fatto la Corte di Appello in sede di merito in quanto quest'ultima "si è attenuta al prevalente orientamento giurisprudenziale secondo cui la possibilità di assegnare una porzione della casa coniugale al genitore non collocatario possa essere prevista solo nel caso in cui l'unità immobiliare sia del tutto autonoma e distinta da quella destinata ad abitazione della famiglia o sia agevolmente divisibile (sent. n. 23631 del 2011)."

Il valore dell'immobile non risente dell'assegnazione per i figli

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In un caso molto recente che la Cassazione ha deciso e risolto con la SU n. 18641/2022 una questione piuttosto spinosa che in effetti si può verificare anche piuttosto spesso nella realtà e che ha visto contrapporsi due coniugi separati su una questione giuridica assai importante. Questo il quesito a cui le SU hanno dovuto dare una risposta: ""se in sede di divisione di un immobile in comproprietà di due coniugi legalmente separati già destinato a residenza familiare e, per tale ragione, assegnato, in sede di separazione, al coniuge affidatario della prole - occorra tenere conto della diminuzione del valore commerciale del cespite conseguente alla presenza sul medesimo del diritto di godimento del coniuge a cui è stata affidata la prole, pure nel caso in cui la divisione si realizzi mediante attribuzione a quest'ultimo della proprietà dell'intero immobile con conguaglio in favore del comproprietario e, quindi, determinandolo non in rapporto al valore venale dello stesso immobile, bensì in misura ridotta che tenga conto dell'incidenza della permanenza di tale vincolo, opponibile anche ai terzi".
La Cassazione, dopo l'analisi del contesto normativo di riferimento, della natura del diritto di assegnazione della casa coniugale e dei due contrapposti orientamenti giurisprudenziali formatisi sul punto, la Cassazione dichiara di condividere "l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale, nel caso in cui lo scioglimento della comunione immobiliare si attui mediante attribuzione dell'intero al coniuge affidatario della prole, il valore dell'immobile oggetto di divisione non può risentire del diritto di godimento già assegnato allo stesso a titolo di casa coniugale, poiché esso viene ad essere assorbito o a confondersi con la proprietà attribuitagli per intero, con la conseguenza che, ai fini della determinazione del conguaglio in favore dell'altro coniuge, bisognerà porre riferimento, in proporzione alla quota di cui era comproprietario, al valore venale dell'immobile attribuito in proprietà esclusiva all'altro coniuge, risultando, a tal fine, irrilevante la circostanza che nell'immobile stesso continuino a vivere i figli minori o non ancora autosufficienti rimasti affidati allo stesso coniuge divenutone proprietario esclusivo, in quanto il relativo aspetto continua a rientrare nell'ambito dei complessivi e reciproci obblighi di mantenimento della prole da regolamentare nella sede propria, con la eventuale modificazione in proposito dell'assegno di mantenimento".

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