Data: 16/02/2016 16:00:00 - Autore: Avv. Francesca Pietropaolo

di Francesca Pietropaolo - "Non sembra logico ed ammissibile che il Comune consenta l'utilizzo dell'area privata a uso pubblico, per i tavolini di un esercizio commerciale, limitando conseguentemente il passaggio pubblico". Così la recente ordinanza 184/2016 del Consiglio di Stato, organo amministrativo giurisdizionale di rilievo costituzionale, sul ricorso proposto da privati contro il Comune di Agrate Brianza, che proseguendo sul solco di un indirizzo costante fa nuovamente chiarezza sui limiti dell'uso delle aree private aperte o destinate al pubblico passaggio da parte delle Amministrazioni comunali, che pur restando gravate dei poteri e dei doveri di regolazione spettanti all'autorità amministrativa devono limitarsi a garantire l'uso del bene da parte della collettività, in conformità ai dettami del pubblico interesse e senza poter esercitare su di esso quei poteri aggiuntivi e ultronei che competono invece ai proprietari (T.A.R. Lombardia Sez. III sentenza n. 466/2011). 

L'area in controversia è un porticato condominiale privato gravato da servitù di uso trascritta con atto notarile e pertanto destinato all'utilità di una collettività generalizzata di individui, per il quale i condomini proprietari pro quota sono ricorsi al Tribunale Amministrativo a seguito della concessione del suolo pubblico per i dehors di un esercizio commerciale.

Per l'annullamento del provvedimento rilasciato dal Comune di Agrate Brianza, i privati avevano eccepito come motivazione assorbente l'eccesso di potere configuratosi con il comportamento dell'amministrazione che interveniva, senza il loro benestare, con la concessione dell'uso eccezionale e particolare del portico; segnalavano altresì in ricorso che anche la Corte di Cassazione aveva da lungo tempo – ancora una volta con indirizzo unanime – precisato che tale potere concessorio resta del tutto incompatibile con il diritto demaniale privato, e ciò anche al di là dell'applicazione della tassa per l'occupazione di spazi e aree pubbliche, attenendo quest'ultima esclusivamente al piano dei rapporti tributari (Cass. Civ. SS.UU. 158/1999).

Con la citata ordinanza il Consiglio di Stato accoglie l'appello sul ricorso n. 9777/2015 e, per l'effetto, l'istanza cautelare in primo grado chiedendo la sollecita fissazione dell'udienza di merito in riforma dell'ordinanza impugnata, nella quale il Tar Lombardia rilevava come l'occupazione con tavoli e sedie riguardasse "solo in parte" la superficie del portico. 

Più in generale, in conseguenza di quanto deciso si ribadisce ancora una volta che laddove i Comuni siano titolari di diritti di uso su aree private (ovvero di passaggio se le stesse siano soggette alle disposizioni del Codice della Strada) che siano questi acquisiti tramite servitù o tramite dicatio o ancora ad altro titolo quale ad esempio convenzione edilizia, essi non possono effettuare usi particolari né cambi di destinazione del bene, salvo che il titolo non lo consenta espressamente. 

Non possono quindi, in estrema sostanza, comportarsi uti dominus ma devono da un lato limitarsi a garantire il godimento del bene da parte della collettività, dall'altro a richiedere l'esplicito assenso del proprietario per ogni variazione di destinazione d'uso, anche temporanea del bene, non potendo infatti neppure violare i diritti del proprietario costituzionalmente e civilmente tutelati (art. 42 Cost. , art. 832 c.c.).


Francesca Pietropaolo

legale.pietropaolo@gmail.com

Advocat, Ordine degli Avvocati di Roma Sez. Speciale D.lgs 96/2001


Tutte le notizie