Data: 23/02/2016 11:00:00 - Autore: Marina Crisafi

di Marina Crisafi - Sono finiti i tempi in cui le occupazioni degli istituti per protesta da parte degli studenti venivano tollerate. Chi impedisce l'accesso all'edificio, rischia grosso. Lo sa bene uno studente di una scuola superiore finito nell'occhio del ciclone per aver organizzato insieme ad altri una manifestazione culminata con l'occupazione della scuola. Decisivo nei suoi confronti proprio l'atteggiamento tenuto nei confronti dei docenti e degli altri studenti contrari all'occupazione, consistito nell'impedire l'accesso alla struttura. Atteggiamento che gli è valsa una condanna nel merito per ben due reati (violenza privata e interruzione di pubblico servizio), confermata ora dalla Cassazione.

Per gli Ermellini (sentenza n. 7084/2016 depositata oggi e qui sotto allegata), le contestazioni mosse al ragazzo sono assolutamente plausibili. Ciò in quanto l'esercizio di diritti fondamentali, quali quello di sciopero, riunione e di manifestazione del pensiero, "cessa di essere legittimo quando travalichi nella lesione di altri interessi costituzionalmente garantiti"; esattamente come avvenuto nella specie, giacché l'occupazione temporanea della scuola (per circa due ore) "ha di fatto impedito ai non manifestanti di svolgere le consuete attività di studio per un tempo apprezzabile, con conseguente ingiustificata compressione dei loro diritti".

Come evidenziato dal giudice d'appello, inoltre, per spiegare l'arbitrarietà dell'iniziativa, l'imputato aveva altri strumenti per "impostare un dialogo costruttivo con i compagni di scuola e col corpo docente", strumenti alternativi che potevano essere attivati nella specie, ma non lo sono stati.

Né l'asserita tolleranza manifestata in precedenti occasioni poteva del resto rendere lecita una condotta incidente in maniera negativa "sui diritti degli altri studenti e su quelli degli operatori scolastici" o essere posta a base "di comportamenti indefinitamente protratti nel tempo, specie a fronte dell'aperta opposizione della dirigenza dell'Istituto".

Per cui la gravità della condotta tenuta dallo studente rimane indiscutibile e il suo ricorso va rigettato. A salvarlo è solo il perdono giudiziale.


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