|
Data: 27/02/2016 16:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli di Valeria Zeppilli - L'articolo 88 del codice di procedura civile impone alle parti e ai loro difensori il dovere di comportarsi in giudizio secondo probità ed equità. Si tratta di un dovere particolarmente stringente che, se violato, legittima la condanna di chi non si sia attenuto ad esso a rimborsare all'altra parte le spese processuali eventualmente da questa sostenute a causa del predetto comportamento illecito. Indipendentemente dalla soccombenza. Questo almeno è quanto sancito dalla Corte di cassazione con la sentenza numero 3818/2016, depositata il 26 febbraio (qui sotto allegata). Con tale pronuncia, più in particolare, la Corte ha ritenuto corretto il comportamento del giudice che non qualifica come parte vittoriosa ai fini del regolamento delle spese processuali la parte che prima richiede la condanna della convenuta sostanziale e poi, solo in un secondo momento, solleva l'eccezione di giudicato esterno a sé sfavorevole. Giudicato del quale la parte era a conoscenza e che derivava dall'aver la stessa ottenuto precedentemente la condanna del convenuto sostanziale, sulla base di una domanda dal contenuto identico e presentata davanti allo stesso giudice. Visto l'intento di ovviare all'iniziale richiesta di condanna delle controparti, che non poteva che essere disattesa dato tale giudicato, per la Cassazione la decisione giudiziale impugnata, giungendo alla predetta conclusione, non ha fatto altro che applicare rettamente i principi giuridici che governano il regolamento delle spese processuali. Con buona pace del ricorrente. |
|