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Data: 11/03/2016 19:28:00 - Autore: Valeria Zeppilli di Valeria Zeppilli - Talvolta gli studenti universitari, per risparmiare un po', decidono di acquistare libri di testo fotocopiati, "dimenticando" che, in realtà, si tratta di una prassi che viola il diritto d'autore. Tale prassi illecita, peraltro, è spesso incentivata dall'attività di alcuni commercianti, che hanno fatto della vendita di libri di testo interamente fotocopiati un vero e proprio business. È andata male a uno di loro, un negoziante napoletano che, proprio per questa sua attività, è stato condannato, con conferma in tutti i gradi di giudizio, per il reato di cui all'articolo 171-ter, lettera b), della legge numero 633/41 sul diritto d'autore. In particolare, la Cassazione, pronunciatasi sul ricorso dell'uomo con sentenza numero 9209/2016 depositata il 7 marzo (qui sotto allegata), ha chiarito che, come da costante orientamento della Corte stessa, la riproduzione di opere o brani mediante fotocopie è ammessa solo se contenuta entro il 15% di ogni volume, se sia corrisposto un compenso di natura forfettaria agli aventi diritto e le copie siano destinate ad uso personale. Nel caso di specie, tuttavia, era senza dubbio da escludersi che si trattasse di fotocopie per uso personale, dato che, come accennato, il furbo negoziante aveva creato una vera e propria attività di vendita di libri fotocopiati. Il ricorrente, peraltro, contestava anche il fatto che non gli era stata concessa l'attenuante della particolare tenuità del fatto. A tal proposito la Corte ha avuto modo di precisare che il concetto di particolare tenuità implica un giudizio di carattere complessivo. La sua valutazione, quindi, non può essere limitata al solo dato quantitativo ma deve necessariamente basarsi sull'analisi anche di altri elementi, come la modalità e gli scopi della condotta, la sistematicità e la capacità a delinquere del reo. Il negoziante deve insomma rassegnarsi: la condanna subita nei gradi di merito va confermata. |
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