Data: 28/03/2016 19:00:00 - Autore: Marina Crisafi

di Marina Crisafi - Il modulo di constatazione amichevole non può bastare a dimostrare la dinamica dell'incidente stradale né tantomeno le responsabilità ai fini del risarcimento dei danni. A maggior ragione se lo stesso presenta elementi contraddittori. A stabilirlo è il tribunale di Roma (con la recente sentenza n. 19597/2015), rigettando il ricorso di una donna che trascinava in giudizio il conducente di un autocarro di proprietà di una società e la compagnia assicurativa per ottener il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell'incidente occorso.

La richiesta, basata sul Cid sottoscritto da entrambi i conducenti dei veicoli coinvolti, era già stata rigettata dal giudice di pace, in quanto lo stesso aveva ritenuto il modello inefficace nei confronti dell'assicurazione, non firmataria dello stesso.

Il tribunale avalla la decisione del giudice di prime cure, riportandosi all'insegnamento della Suprema Corte in materia, per la quale "la confessione giudiziale resa dal conducente non proprietario del veicolo vincola il solo confidente, con la conseguenza che, correttamente, il giudice può accogliere la domanda nei suoi confronti e rigettarla nei confronti dell'assicuratore della Rca" (cfr., da ultimo, Cass. n. 4536/2016. Leggi in merito: "Incidenti stradali: confessare la propria colpa non ha valore di piena prova").

La confessione resa, dal danneggiante non proprietario, nel Cid ha ribadito, quindi, il tribunale non è sufficiente da sola a dimostrare i fatti dedotti ed è documento liberamente apprezzabile dal giudice nei riguardi dell'assicuratore e del proprietario del mezzo. Tanto più, nel caso di specie, visto che il modello conteneva diverse incongruenze rispetto al contenuto del ricorso giudiziale (sul soggetto alla guida, sul luogo dell'incidente, ecc.).

Da qui il rigetto dell'appello e la compensazione delle spese di lite.


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