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Data: 28/03/2016 14:00:00 - Autore: Marina Crisafi di Marina Crisafi - Chi si fa male andando al lavoro in bicicletta sarà indennizzato in ogni caso, perché la legge n. 221/2015, il c.d. collegato ambientale, ha introdotto il principio secondo il quale l'uso del velocipede deve intendersi "sempre necessitato" (leggi: "Sempre indennizzato chi si fa male mentre va al lavoro in bici"). Ora, l'Inail con la circolare n. 14 del 25 marzo scorso (qui sotto allegata) provvede a riassumere la disciplina giuridica dell'infortunio in itinere, dettando le linee guida da seguire alla luce delle ulteriori novità normative:
Uso "necessitato" anche su stradaNella circolare si premette che l'Inail, considerata la sempre maggiore attenzione a livello ambientale e sociale orientata a favore di una mobilità sostenibile, sin dal 2011 ha riconosciuto l'infortunio occorso al lavoratore che si recava al lavoro in bicicletta ma soltanto se l'evento lesivo si verificava su pista ciclabile o zona interdetta al traffico e non invece su strada aperta al traffico di veicoli a motore. In tal caso, infatti, l'indennizzo veniva riconosciuto solo se l'utilizzo della bici si considerava necessario, altrimenti si ricadeva nell'ambito del c.d. "rischio elettivo" non protetto. D'ora in poi, tale valutazione è superflua, perché dopo il collegato ambientale l'infortunio a bordo del velocipede è indennizzato a prescindere dal tratto stradale in cui l'evento si verifica, giacché il suo utilizzo è considerato sempre necessitato.
La normalità del percorsoQuanto alla disciplina giuridica dell'infortunio, l'Inail ricorda che l'art. 12 del d.lgs. n. 38/2000 sancisce che l'assicurazione opera nell'ipotesi di infortunio occorso a lavoratore assicurato durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro. Per normalità del percorso, l'istituto ribadisce che il concetto riguarda il tragitto dal luogo di abitazione a quello di lavoro e viceversa, affrontato "per esigenze e finalità lavorative e, ovviamente, in orari confacenti con quelli lavorativi in modo tale che il lavoratore non abbia possibilità di una scelta diversa, né in ordine al tragitto, né in ordine all'orario". Ad essere indennizzato, in buona sostanza, è il percorso normalmente compiuto dal lavoratore, anche se non coincide con quello più breve, purché sia giustificato dalla concreta situazione della viabilità (come, ad esempio, per via del traffico più scorrevole).
Le interruzioni o deviazioniAnche con riferimento all'infortunio occorso in bici, ricorda l'Inail, la tutela assicurativa non opera nell'ipotesi di interruzioni e deviazioni del normale percorso, laddove le stesse siano "del tutto indipendenti dal lavoro o comunque non necessitate". In presenza di "brevi soste" che non espongano l'assicurato a un rischio diverso da quello che avrebbe dovuto affrontare se il normale percorso casa-lavoro fosse stato compiuto senza soluzione di continuità, non valgono invece ad interrompere il nesso causale tra lavoro e infortunio e, quindi, non escludono l'indennizzo.
Bicicletta equiparata al mezzo pubblicoMentre ai fini dell'applicabilità della tutela assicurativa, la scelta del mezzo privato da parte del lavoratore deve essere valutata, caso per caso, al fine di vagliarne la "necessità" (ad es., quando non esistono mezzi pubblici di trasporto o gli stessi non coprono l'intero percorso, ovvero quando non c'è coincidenza di orari, ecc.), per la bicicletta tale valutazione risulta superata, afferma l'Inail, ad opera dell'art. 5 della l. n. 221/2015, poiché "il suo utilizzo è considerato dalla norma sempre necessitato e, quindi, equiparato a quello del mezzo pubblico o al percorso a piedi".
Infortunio anche se c'è colpaRimane, inoltre, confermato ribadisce l'istituto nella circolare, che ai fini dell'indennizzabilità dell'infortunio non assumono rilevanza gli aspetti soggettivi della condotta dell'assicurato. In altre parole, se l'infortunio avviene per colpa del lavoratore (negligenza, imperizia, violazione di norme, ecc.) non è interrotto il nesso causale tra rischio lavorativo e sinistro, per cui l'indennizzo è dovuto, salvo che non si tratti di comportamenti "così abnormi da sfociare nel rischio elettivo". Richiamando la giurisprudenza della Cassazione in materia, che esclude l'indennizzo dell'infortunio, laddove "l'elemento psicologico del lavoratore, anche solo colposo, nella causazione dell'infortunio – risulta - particolarmente qualificato per la sua abnorme deviazione dalla corretta esecuzione del lavoro – comportando - un aggravamento del rischio tutelato talmente esorbitante dalle finalità di tutela, da escluderla", la circolare specifica che anche l'infortunio occorso a bordo della bici dovrà ritenersi escluso da tutela ogni qualvolta "esaminate le circostanze nelle quali l'incidente si sia verificato (es. avere imboccato una strada interdetta alla circolazione del velocipede o essersi messo alla guida in stato di ubriachezza) la qualificazione dell'elemento soggettivo del lavoratore debba essere definito in termini di rischio elettivo e non di colpa".
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