|
Data: 11/04/2016 21:10:00 - Autore: Avv. Eraldo Quici Avv. Eraldo Quici - Il Fondo di Garanzia per le vittime della strada rappresenta una forma di tutela a favore principalmente dei soggetti che subiscono dei danni dalla circolazione di veicoli e di natanti rimasti ignoti. Tale attività, di natura pubblicistica e solidale, è esercitata dalla CONSAP, ossia dalla Concessionaria Servizi Pubblici S.p.a., interamente partecipata dal ministero dell'economia e delle finanze. La gestione di detta attività è effettuata dalla CONSAP tramite imprese di assicurazione che periodicamente sono individuate ed incaricate a tal fine. Le ipotesi di intervento del Fondo erano ab origine solo tre: a) veicoli-natanti ignoti; b) veicoli-natanti non assicurati; c) veicoli-natanti assicurati da imprese poste in liquidazione coatta. Il Nuovo Codice delle Assicurazioni (d.lgs. 209 del 2005 e successive modificazioni), ha introdotto altre tre ipotesi di intervento del Fondo: d) caso del prohibente domino, ossia dei veicoli-natanti posti in circolazione contro la volontà del proprietario; e) sinistri cagionati da mezzi inviati nel territorio italiani da Paesi aderenti allo S.E.E. (Svizzera, Norvegia ed Islanda); f) sinistri causati da mezzi esteri con targa non corrispondente ai veicoli stessi. Ai sensi dell'art. 286 del d.lgs. 209, i sinistri sono liquidati dalle imprese assicuratrici designate dall'IVASS, ex ISVAP. Attualmente, il provvedimento 32/2015 dell'IVASS ha designato una serie di imprese assicuratrici competenti per regioni per il triennio 01/07/2015-30/06/2018; tali enti saranno competenti alla liquidazione dei sinistri anche dopo la scadenza predetta, qualora l'IVASS non avrà ancora individuato le nuove imprese. Analizziamo ora la prima di queste ipotesi prevista dal Codice delle Assicurazioni per l'intervento del Fondo di Garanzia. Sinistri cagionati da veicoli-natanti ignoti L'ipotesi in questione è quella che si realizza, quando i danni son cagionati dalla circolazione di veicoli e di natanti non identificati. Affinché il Fondo possa intervenire, è necessaria la presenza contestuale e non alternativa di ben tre condizioni: a) l'incidente deve essere causato o da un veicolo, o da un natante; b) il veicolo-natante deve essere ignoto, e deve essere responsabile principale o concorsuale del sinistro; c) il veicolo-natante deve avere le caratteristiche che la legge prevede per l'assicurazione obbligatoria RCA. L'onere probatorio ricade sul soggetto che intende agire in giudizio per il ristoro dei danni: costui ha pertanto il compito di dimostrare sia la condotta colposa del veicolo-natante, sia la mancata identificazione di quest'ultimo. In base all'orientamento prevalente in seno alla giurisprudenza, è necessario che la mancata identificazione del veicolo-natante dipenda da impossibilità incolpevole. L'onus probandi a carico del soggetto agente risponde al principio di carattere generale contenuto dall'art. 2697 c.c., in forza del quale "chi intende far valere in giudizio un diritto deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento; chi vuole far valere un fatto contrario deve provarlo". Tuttavia, il rigore del principio predetto è mitigato dall'utilizzo delle presunzioni legali indicate dall'art. 2727 c.c. La liquidazione del sinistro in questa prima ipotesi è dovuta, oltre che nel caso di impatto, anche in quello di mera turbativa. La giurisprudenza in tal senso è chiara: l'indennizzo appare legittimo anche se il veicolo non identificato determini, con la propria condotta colposa, una grave turbativa alla circolazione degli altri utenti, (ex plurimis, Tribunale civile di Pordenone, sent. 878/2013; Tribunale civile di Genova, Sez. II, sent. 1805/2014). Il caso paradigmatico è quello del ciclista che, per evitare l'impatto con un veicolo, restato poi ignoto, effettua una manovra di emergenza che evita lo scontro, ma che determina una caduta del medesimo. Il conducente del veicolo deve però avere una condotta colposa, ossia un comportamento tendente alla violazione delle norme sulla circolazione dei veicoli. Un aspetto importante di questo primo caso di liquidazione da parte del Fondo è quello relativo alla necessaria presenza di un'azione penale o della definizione di un processo penale ai fini dell'instaurazione del giudizio civile per il risarcimento dei danni causati dal veicolo-natante rimasto ignoto. In sostanza, ci si è chiesti se la denunzia-querela fosse conditio sine qua non per la richiesta del risarcimento dei danni cagionati da veicoli-natanti non identificati. La risposta a tale quesito è stata negativa; difatti, l'orientamento prevalente in seno alla giurisprudenza di legittimità ritiene che la querela non sia affatto condizione di procedibilità o di proponibilità della domanda di risarcimento dei danni proposta al Fondo. La ratio di questa conclusione risiede in parte nello stesso Codice delle Assicurazioni, in particolare nell'art. 283. La norma indica espressamente quali sono le condizioni di procedibilità della domanda giudiziale relativa al risarcimento del danno cagionato da veicolo-natante ignoto, non prestandosi, dunque, la medesima ad alcuna diversa interpretazione. Altresì, la S.C. di Cassazione ha statuito che i presupposti per la presentazione della domanda giudiziale per il ristoro dei danni determinati dai veicoli-natanti rimasti ignoti sono essenzialmente due: 1) che il veicolo responsabile dei danni sia rimasto non identificato, 2) che il sinistro non sia stato cagionato da colpa della vittima. Ciò che viene posto in rilievo dagli Ermellini è la natura diligente della condotta della vittima del sinistro o della grave turbativa alla circolazione degli utenti. Il grado di diligenza richiesto alla vittima è quello designato dal c. 1 dell'art. 1176 c.c., ossia la diligenza ordinaria del buon padre di famiglia: di conseguenza, la vittima risulterà essere negligente, qualora abbia una condotta difforme rispetto a quella che avrebbe un soggetto dotato di normale avvedutezza e di media istruzione nelle medesime circostanze. Il giudizio circa la condotta della vittima va operato a posteriori, non a priori, potendosi solo in questo modo valutare la fattispecie nella sua interezza (Cass. Civ., Sez. III, sent. 274/2015). Pertanto, la costante giurisprudenza di legittimità esclude ogni automatismo derivante dalla presenza o dalla mancanza della querela, evitando tra l'altro di imporre al danneggiato l'onere di ulteriori indagini complesse. Ciò che rileva ai fini della proponibilità della domanda giudiziale di risarcimento danni al Fondo sono gli elementi della mancata (ed incolpevole) identificazione del veicolo-natante, e dell'assenza di colpa da parte della vittima (Cass. civ., Sez. III, sent. 12060/2014). Non è, quindi, indispensabile la presentazione di una denunzia-querela per poter accedere al risarcimento dei danni ex Fondo di Garanzia; ma, al contrario, una proposizione della stessa risulterebbe come elemento idoneo ad essere di ausilio alla parte danneggiata ai fini della formazione della prova circa la propria incolpevolezza (Trib. Civ. di Matera, sent. 498/2010; G.d.p di Napoli, Sez. IX civ., sent. 5752/2015). Quali sono i danni risarcibili secondo questa prima ipotesi? In passato, erano risarcibili solo i danni alle persone, sempre che cagionati da veicoli-natanti rimasti ignoti. La medesima ipotesi è stata in un primo momento confermata anche dal d.lgs. 209/2005; tuttavia, il d.lgs. 198/2007 ha modificato l'art. 283 C.d.A., statuendo definitivamente che sono risarcibili anche i danni alle cose. Nello specifico, tali danni sono oggetto di risarcimento, se quelli riportati dalle persone sono gravi, e con una franchigia di 500,00 euro. Alla norma in questione va applicato il principio ex art. 11 delle preleggi al c.c., in base al quale "le legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo". Pertanto, ai sinistri avvenuti sino al 23 novembre 2007, si applica la precedente normativa: il Fondo interviene solo per il risarcimento dei danni alla persona. Per gli incidenti occorsi dal 24 novembre 2007, invece, trova spazio l'attuale normativa, in forza della quale sono risarcibili anche i danni alle cose, se superiori a 500,00 euro, e solo per la parte eccedente, e purché quelli alla persona siano gravi. Orbene, la condizione affinché i danni alle cose siano risarcibili è quella relativa alla gravità del pregiudizio riportato dalle persone. Sulla nozione de quo vi sono due interpretazioni differenti. La prima si fonda sull'art. 139 del C.d.A.: la norma stabilisce che sono lesioni di lieve entità sono quelle pari od inferiori al 9%. Di conseguenza, sono lesioni gravi quelle pari o superiori al 10%. La seconda teoria fa leva invece sul concetto di lesioni gravi indicato dal comma 1 dell'art. 583 c.p. Tali sono quelle che determinano una prognosi superiore ai 40 giorni, oppure che producono un indebolimento permanente di un senso o di un organo. Sul tema la giurisprudenza è discorde, pertanto il relativo dibattito rimane ancora aperto.
|
|