Data: 08/04/2016 18:00:00 - Autore: Avv. Paolo Accoti

Avv. Paolo Accoti - Quando il condominio, su istanza del convenuto, viene chiamato in causa perché ritenuto direttamente responsabile per i danni cagionati da cose in custodia, la domanda introduttiva del giudizio e, conseguentemente, la richiesta di condanna al risarcimento, deve intendersi ampliata automaticamente nei confronti dello stesso, senza necessità di apposita richiesta.

Classico esempio è quello del danno da infiltrazione d'acqua che il convenuto assume provenire da un bene condominiale.

Ed invero, in questi casi si è al cospetto di una causa comune, nella quale il condominio viene chiamato in giudizio quale terzo soggetto concretamente tenuto all'obbligazione risarcitoria.

Pertanto, risultando il rapporto dedotto in giudizio unico, stante la comunanza tra l'oggetto dell'azione (petitum) e/o le ragioni della domanda (causa petendi), non sussiste la necessità per l'attore di avanzare apposita istanza per far sì che la domanda principale estenda i suoi effetti anche nei confronti del terzo.

Tale esigenza, infatti, sorge solo in caso di chiamata del terzo in garanzia propria o impropria, laddove il chiamante vuol far valere nei confronti del terzo chiamato un rapporto giuridico diverso rispetto a quello dedotto dall'attore, fondando quindi l'evocazione in giudizio su una diversa ragione rispetto a quella principale, circostanza che impone all'attore di proporre specifica richiesta di condanna anche nei confronti del terzo chiamato in causa.

Tali importanti principi procedurali sono stati di recente confermati dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 6623, pubblicata in data 6.04.2016, proprio nell'ambito di un giudizio per il risarcimento danni da stillicidio localizzato in un appartamento in condominio.

I proprietari dell'abitazione sita in un fabbricato di più ampia consistenza, convenivano in giudizio quelli dell'appartamento soprastante, al fine di vedersi riconosciuto il risarcimento del danno cagionato al loro immobile a seguito di alcune infiltrazioni d'acqua piovana.

I condòmini convenuti si opponevano, attribuendo la responsabilità all'impianto condominiale e, a tal uopo, chiamavano in causa il condominio nella sua interezza che, costituendosi chiedeva, in caso di condanna, di essere manlevato dalla propria compagnia di assicurazione che, a sua volta, chiamava in causa a garanzia.

Il Giudice di pace adito accoglieva la domanda e condannava il condominio al risarcimento di tutti i danni cagionati all'appartamento degli attori.

Sul gravame proposto dal condominio, il Tribunale di Torino, in accoglimento dello stesso e, in totale riforma della sentenza impugnata, respingeva la domanda attorea sulla scorta della circostanza per cui gli attori si sarebbero limitati, nonostante la presenza in giudizio del condominio, a chiedere i danni solo nei confronti degli originari convenuti, senza estendere detta richiesta anche nei riguardi del condominio terzo chiamato in causa.

Propongono ricorso per cassazione i condòmini soccombenti in secondo grado, affidando lo stesso ad un unico motivo, quello della violazione e falsa applicazione dell'art. 106 c.p.c., per il quale: "Ciascuna parte può chiamare nel processo un terzo al quale ritiene comune la causa o dal quale pretende essere garantita" e, pertanto, l'errore in cui sarebbe incorso il Tribunale nel ritenere necessaria una istanza dell'attore che estendesse la domanda principale al terzo chiamato in causa.

La Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ritiene inesatto il ragionamento operato dal giudice di secondo grado e, pertanto, accoglie il ricorso rinviando la causa al medesimo Tribunale, nella persona di un diverso magistrato.

Ricorda la stessa i propri precedenti per cui: "Nell'ipotesi in cui il terzo sia stato chiamato in causa dal convenuto come soggetto effettivamente e direttamente obbligato alla prestazione pretesa dall'attore, la domanda attrice si estende automaticamente ad esso, senza necessità di un'espressa istanza, dal momento che il giudizio verte sull'individuazione del responsabile sulla base di un rapporto – obbligazione ex illecito - oggettivamente unico (Cass. nn. 5057/10, 1522/06, 4145/03 e 11371/02)".

Nel caso concreto, rileva infatti che "al di là della formula adottata nell'istanza, la chiamata in causa del condominio, da parte dei convenuti, indica in quest'ultimo il soggetto responsabile dei danni, cui la causa deve, pertanto, ritenersi comune. Ne consegue che, non trattandosi di chiamata in garanzia, né propria né impropria, la domanda attorea deve ritenersi estesa di diritto al condominio".

Avv. Paolo Accoti

www.paoloaccoti.it



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