Data: 20/04/2016 19:06:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Se il contribuente non indica il beneficiario dei prelievi su conto corrente bancario si tratta di evasione fiscale.
Lo ha affermato la Ctr di Catanzaro, terza sezione, nella sentenza n. 475/2016 accogliendo il gravame proposto dall'amministrazione finanziaria che aveva emesso un accertamento a fini Irpef nei confronti di un contribuente.
L'acquisizione della documentazione bancaria aveva evidenziato numerose fatture emesse dal contribuente con indicazione di compensi non congrui se si considerava il numero delle società da costui possedute.

Chiamato in giudizio dall'ufficio per offrire chiarimenti sulla questione, il contribuente rimaneva assente: pertanto il reddito da lui dichiarato veniva rettificato in quanto l'ufficio considerava le movimentazioni bancarie (prelievi e versamenti) ingiustificate, sintomatiche di redditi non dichiarati.
Tuttavia, il giudice adito si pronunciava a favore del contribuente, annullando il recupero a tassazione dei prelievi e considerando legittimo quello relativo ai versamenti di conto corrente.

Il Collegio calabrese, invece, investito del gravame, sceglie di riformare parzialmente la sentenza resa in prime cure.
Per quanto riguarda i prelievi, il cui recupero a tassazione era stato considerato non legittimo, la Commissione provinciale "dopo una riflessione, sfavorevole al contribuente, su quelli documentati in epoca successiva al deposito del ricorso introduttivo, ai sensi dell'art. 32, comma 5, Dpr 600/73, tuttavia ha valutato che la presunzione che tali prelievi costituissero ricavi, aveva un fondamento assai incerto, evidenziando che la dottrina ha ritenuto tale disciplina incomprensibile o al massimo giustificabile solo in termini sanzionatori, mentre secondo il senso comune, ai ricavi o ai compensi, o più in generale agli incassi, corrispondono dei versamenti, mentre ai prelievi corrispondono delle spese, ovverosia dei costi".

In sostanza, la commissione provinciale non ha considerato i prelievi come ricavi, ma ha ritenuto che la ratio della norma assegnerebbe al contribuente un mero obbligo di collaborazione e quindi "acquisterebbe una valenza esclusivamente sanzionatoria per via della mancata collaborazione del contribuente in sede di accertamento".

Si tratta, secondo il giudice d'appello, di un ragionamento azzardato che di fatto rovescia l'onere della prova ponendolo a carico dell'amministrazione finanziaria, invece che al contribuente.
La Ctr rammenta che il legislatore ha imposto al contribuente un comportamento: l'indicazione del beneficiario dei prelevamenti che, se non rispettato, è da configurarsi come evasione fiscale. La domanda del fisco va accolta anche poichè, nel caso in esame, si tratta di importi che non sono stati né registrati né dichiarati.

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