Data: 04/05/2016 19:05:00 - Autore: Law In Action - di P. Storani
di Paolo M. Storani - Il TAR della Lombardia, Sez. III, ricorrente il padre Beppino, ha deciso il 6 aprile 2016 il caso di Eluana Englaro con una pronuncia, sotto la presidenza di Alberto Di Mario, di cui è estensore Antonio De Vita, che liquida i danni patrimoniali e non patrimoniali al cospetto del rifiuto (nel provvedimento si parla di "ostruzionismo") opposto dalla regione all'interruzione del trattamento di idratazione e di alimentazione artificiale della povera Eluana, in persistente stato vegetativo da più di quindici anni.
Viene affermato il diritto di staccare la spina.
Ecco uno stralcio significativo della sentenza (il grassetto è nostro) che curiosamente menziona la sentenza - trattato n. 1361 del 2014 del Dott. Luigi Alessandro Scarano sul danno da perdita della vita, poi bocciata seccamente dalle Sezioni Unite del luglio 2015 con motivazione sbrigativa ed inappagante, che rimanda ad un precedente del 1925.
"Il comportamento della Regione Lombardia ha leso il diritto fondamentale della sig.ra... ad ottenere l'interruzione del procedimento di alimentazione artificiale, atteso che è stato riconosciuto in capo alla stessa, come pure a ciascun individuo, il diritto assoluto a rifiutare le cure ad essa somministrate in qualunque fase del trattamento e per qualunque motivazione (cfr. Cass. Civ., I, 16 ottobre 2007, n. 21748, riferita proprio al caso de quo), sul presupposto della sussistenza di specifici presupposti (la cui verifica è stata affidata alla Corte d'Appello di Milano che ha pronunciato il decreto in data 9 luglio 2008)".
Il TAR richiama qui la sentenza del S.C. opera del relatore Alberto Giusti.

A fronte dei predetti provvedimenti giurisdizionali - prosegue il giudice amministrativo lombardo - che hanno accertato la sussistenza del diritto ad ottenere l'interruzione del trattamento sanitario, il rifiuto espresso dalla Regione Lombardia con l'atto dirigenziale del 3 settembre 2008, contenente il diniego di ricovero al fine di sospendere il trattamento di idratazione e alimentazione artificiale - annullato con la sentenza di questo Tribunale n. 214 del 2009, confermata dalla decisione del Consiglio di Stato n. 4460 del 2014 -, ha determinato la lesione del diritto fondamentale di autodeterminazione in ordine alla libertà di scelta di non ricevere cure, oltre che della salute, così come ricostruito nelle sentenze che li hanno riconosciuti (c.d. diritto di staccare la spina: da ultimo, Cass., Sezioni Unite, 22 dicembre 2015, n. 25767), e la lesione del diritto all'effettività della tutela giurisdizionale; le lesioni sono state aggravate dalla circostanza che, nemmeno dopo la pronuncia di questo Tribunale, la Regione ha messo a disposizione una struttura per eseguire quanto statuito nelle diverse sedi giurisdizionali. Si tratta poi di danno conseguenza, ossia di lesione che ha avuto degli effetti, seppure di tipo non patrimoniale, giacché non è stata rispettata la volontà del soggetto interessato - per come ricostruita dalla Corte d'Appello - di voler mettere fine ad un trattamento sanitario; ciò rappresenta una palese violazione degli artt. 2, 13 e 32 Cost. (Corte costituzionale, sentenza n. 438 del 2008; Cass. Civ., III, 12 giugno 2015, n. 12205)".
Il TAR passa ora alla monetizzazione dei pregiudizi.

"La quantificazione dei sopra richiamati danni, di tipo non patrimoniale, che può avvenire soltanto attraverso una valutazione in via equitativa (Cass. Civ., III, 23 gennaio 2014, n. 1361), va effettuata tenendo conto sia della natura dolosa del rifiuto regionale, pur a fronte delle numerose iniziative giurisdizionali intraprese dal sig... , sfociate nel decreto della Corte d'Appello del 9 luglio 2008, sia del non brevissimo lasso di tempo - dalla predetta pronuncia - che la sig.ra... ha dovuto attendere prima della interruzione del trattamento sanitario.

In ragione di ciò il risarcimento può essere determinato nella somma complessiva di € 60.000,00 (sessantamila/00) che, quale danno a titolo ereditario, va ridotto avendo riguardo alla possibile presenza di altri eredi, del cui numero non vi è certezza (fatta eccezione per la madre; cfr. art. 571 c.c. sulla contemporanea presenza di più soggetti aventi diritto all'eredità): pertanto appare equo ridurre la somma ad un terzo, ossia ad € 20.000,00 (ventimila/00)".

Danno morale soggettivo: non viene riconosciuto dal TAR Lombardia:

"7.3. Non può essere riconosciuto invece quanto richiesto dal ricorrente, iure proprio, a titolo di danno morale soggettivo (in tema, cfr. Cass., Sezioni Unite, 11 novembre 2008, n. 26972; III, 12 maggio 2003, nn. 7281 e 7282), atteso che lo stesso non ha ancorato la richiesta di danno morale alla sussistenza di una, seppure ipotetica, illiceità penale direttamente collegata all'adozione del provvedimento impugnato, ma ha individuato la genesi di tale categoria di danno non patrimoniale nelle attività e nei comportamenti di alcuni organi regionali o di altri soggetti, anche estranei all'apparato regionale - e per lo più svolgenti attività riconducibili alla sfera dell'indirizzo politico - che avrebbero posto in essere una vera a propria campagna diffamatoria e calunniatoria nei suoi confronti; appare tuttavia evidente che, seppure un collegamento effettivamente possa ritenersi sussistente, non vi è un nesso di causalità diretto tra l'atto regionale impugnato e gli eventuali danni subiti dal ricorrente in ragione delle dichiarazioni e dei comportamenti dei vertici politici della Regione o di altri soggetti aventi un ruolo pubblico, trattandosi di condotte di natura personale e poste in essere da soggetti non aventi una propria specifica competenza nell'adozione degli atti e delle attività richiesti all'Amministrazione resistente. I danni asseritamente subiti a causa di tali comportamenti possono essere fatti valere soltanto in un autonomo giudizio civile o attraverso la costituzione di parte civile in un procedimento penale. Ne discende che tale tipologia di danno, ossia quello morale soggettivo, non può essere riconosciuta nella presente sede.

7.4. Va invece riconosciuto il danno richiesto dal ricorrente, iure proprio, a titolo di lesione alle relazioni familiari e al rapporto parentale.

Infatti si tratta di un pregiudizio a diritti fondamentali che trovano la loro fonte diretta nella Costituzione, atteso che nell'art. 2059 c.c. trova adeguata collocazione "anche la tutela riconosciuta ai soggetti che abbiano visto lesi i diritti inviolabili della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost.) (sent. n. 8827 e n. 8828/2003, concernenti la fattispecie del danno da perdita o compromissione del rapporto parentale nel caso di morte o di procurata grave invalidità del congiunto)" (Cass., Sezioni Unite, 11 novembre 2008, n. 26972).

Tale figura di danno, da collocare nell'ambito del danno conseguenza non patrimoniale, risulta quindi pienamente risarcibile, anche laddove la lesione del legame familiare non dipenda da una condotta penalmente illecita.

Quanto al suo accertamento, trattandosi di pregiudizio ad un bene immateriale, "il ricorso alla prova presuntiva è destinato ad assumere particolare rilievo, e potrà costituire anche l'unica fonte per la formazione del convincimento del giudice, non trattandosi di mezzo di prova di rango inferiore agli altri (v., tra le tante, sent. n. 9834/2002). Il danneggiato dovrà tuttavia allegare tutti gli elementi che, nella concreta fattispecie, siano idonei a fornire la serie concatenata di fatti noti che consentano di risalire al fatto ignoto" (Cass., SS.UU., 11 novembre 2008, n. 26972; altresì Cass. Civ., III, 20 agosto 2015, n. 16992).

Nel caso di specie, tenuto conto della peculiare situazione legata alla persistenza dello stato vegetativo della sig.ra... per ben 17 anni, scaturito da un incidente stradale, il diniego regionale del 3 settembre 2008, assunto in consapevole ed evidente contrasto con le richiamate pronunce giurisdizionali, ha aggravato le difficoltà e i turbamenti che hanno dovuto affrontare i genitori, in particolare il padre, odierno ricorrente, che assunto anche la veste di tutore, vanificando gli effetti del Decreto della Corte d'Appello di Milano del 9 luglio 2008.

In ragione di ciò la vita familiare, già sconvolta da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, è stata ulteriormente turbata dall'ostruzionismo della Regione Lombardia (cfr. Cass. Civ., III, 20 agosto 2015, n. 16992): si è impedito quindi al ricorrente di dare seguito alla volontà della figlia di non continuare a vivere quello stato di incoscienza permanente, essendo stata accertata con le più volte citate pronunce giurisdizionali - rese sia in sede civile che amministrativa e passate in giudicato - l'incompatibilità di uno stato vegetativo con lo stile di vita e i convincimenti profondi riferibili alla persona, correlati ai fondamentali diritti di autodeterminazione e di rifiutare le cure (artt. 2, 13 e 32 Cost.).

La quantificazione del danno alla lesione del rapporto parentale, di natura certamente catastrofale, non può che avvenire in via equitativa pura in ragione della assenza di criteri standardizzati o di riferimenti rinvenibili nell'ordinamento (sulla valutazione equitativa e sulla "personalizzazione della liquidazione", si veda Cass. Civ., III, 20 agosto 2015, n. 16992).

Anche in tale frangente va considerata rilevante la circostanza della natura dolosa del rifiuto regionale, che ha reso ancora più gravosa la condizione esistenziale del ricorrente, reputandosi pertanto equo liquidare allo stesso la somma di € 100.000,00 (centomila/00).

8. In conclusione il ricorso va accolto secondo quanto specificato in precedenza, liquidando al ricorrente le somme di € 12.965,78, a titolo di danno patrimoniale, di € 30.000,00 (trentamila/00), a titolo di danno iure hereditatis per lesione dei diritti fondamentali della sig.ra... , e di € 100.000,00 (centomila/00), a titolo di danno non patrimoniale da lesione di rapporto parentale. Trattandosi di debito di valore, sulla somma che lo esprime sono dovuti interessi e rivalutazione dalla data di proposizione del ricorso deciso con la sentenza di questa Sezione n. 214 del 2009 fino al saldo (cfr. Cass. Civ., II, 11 maggio 2011, n. 10349), fatta eccezione per la somma liquidata a titolo di danno patrimoniale (cfr. il precedente punto 6.2 del diritto).

9. Le spese in parte vengono compensate e in parte seguono il criterio della parziale soccombenza a carico della Regione Lombardia, venendo liquidate in dispositivo

P.Q.M.

  • Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso indicato in epigrafe, secondo quanto specificato in motivazione.

    Condanna la Regione Lombardia al pagamento parziale delle spese di giudizio in favore del ricorrente nella misura di € 3.000,00 (tremila/00), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge; le compensa per il resto; dispone altresì la rifusione del contributo unificato in favore della parte ricorrente.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

    Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare -... -, -... - e -... -.

    Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 19 novembre 2015 con l'intervento dei magistrati:

    Alberto Di Mario, Presidente

    Antonio De Vita, Primo Referendario, Estensore

    Valentina Santina Mameli, Referendario

    Depositata in Segreteria il 6 aprile 2016".


    Lesione del rapporto parentale

    Va posto in risalto che gli avvocati dei congiunti del macroleso, pur potendo fare ricorso alle presunzioni per provare l'esistenza del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale, è estremamente opportuno che alleghino e, se possibile, forniscano elementi di prova che spieghino come era la "natura ed intensità" del legame tra vittime secondarie e vittima primaria, nonché la "quantità e qualità dell'alterazione della vita familiare".

  • I danneggianti, a loro volta, viste le chiare indicazioni della S.C., laddove i congiunti alleghino in atti elementi di fatto precisi (quali, ad esempio, l'esistenza di una gravissima lesione a carico della vittima primaria, e la convivenza con la stessa) dovranno allegare e provare la carenza dei requisiti previsti dall'Osservatorio (ad esempio, l'esistenza di "rapporti difficili" tra i familiari, la sostanziale inalterazione della vita familiare, ecc.).

    Il danno da perdita del rapporto parentale o cd. esistenziale non consiste nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità della vita, ma si sostanzia nello sconvolgimento dell'esistenza rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, in scelte di vita diversa, e va dal danneggiato allegato e provato, secondo la regola generale ex art. 2697 c.c., l'allegazione a tal fine necessaria dovendo concernere fatti precisi e specifici del caso concreto, essere cioè circostanziata e non già purchessia formulata, non potendo risolversi in mere enunciazioni di carattere del tutto generico e astratto, eventuale ed ipotetico.



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