Data: 09/05/2016 11:00:00 - Autore: Law In Action - di P. Storani
di Paolo M. Storani - Prendendo le mosse dalla famosa pronuncia delle Sezioni Unite del febbraio 2010 LIA Law In Action voleva sottoporre ai propri affezionati visitatori un quesito.
Non ravvisate uno squilibrio in tema di chiamata in causa tra la situazione di totale libertà dell'attore che cita in giudizio chi gli pare e piace rispetto alla posizione del convenuto?
La sentenza della Cassazione da cui è desunto lo stralcio che segue è la n. 4309 del 2010.
Il giudice potrebbe rifiutare la fissazione di una nuova prima udienza per la costituzione del terzo con la motivazione che si può svolgersi una trattazione separata.

"5.2. In rapporto alla mancata concessione dell'udienza chiesta dai convenuti, per chiamare in causa i terzi corresponsabili dei danni verso i quali intendevano agire in regresso, le censure dell' A. E., del D.C.G., delle eredi di L.C. e del P.M. sono infondate e da rigettare, senza violazione dei principi del giusto processo, potendo tali parti, per le ragioni indicate al punto 3, agire successivamente a tutela delle loro posizioni soggettive direttamente nei confronti degli aventi causa dell'E.N.C.C. per l'accertamento della responsabilità di questo nelle condotte loro imputate.

Se la prevalente dottrina afferma che, allorché la chiamata in causa sia chiesta con la comparsa di risposta dal convenuto prima dell'udienza di trattazione ai sensi dell'art. 269 c.p.c., il giudice è tenuto a fissare una nuova udienza, la norma che sostituisce la precedente disciplina per la quale il convenuto poteva direttamente evocare in causa il terzo alla prima udienza, non può non inserirsi nel sistema introduttivo del processo, per il quale, al di fuori del litisconsorzio necessario di cui all'art. 102 c.p.c., resta discrezionale il provvedimento del giudice di fissazione di una nuova prima udienza per la chiamata, come questa Corte ha già affermato in rapporto all'art. 420 c.p.c., comma 9, richiamato anche nella sentenza di merito (Cass. n. 18508/2006, Cass. n. 17218/2004). Il novellato art. 269 c.p.c. è stato introdotto per porre un termine perentorio di ammissibilità alla richiesta di chiamata del terzo da parte del convenuto (Cass. n. 10682/2008 e Cass. n. 393/2008), restando ferma la natura di regola facoltativa del litisconsorzio nelle obbligazioni solidali e mancando l'esigenza di trattare unitariamente le domande di condanna introduttive della causa con quelle di manleva dei convenuti (Cass. n. 27856/2008 e n. 5444/2006), con conseguente separabilità dei due processi, non diversa da quella consentita anche prima della novella del 1990, ex art. 103 c.p.c., che comporta la scindibilità delle cause pure ai fini delle impugnazioni delle parti (art. 332 c.p.c.).

Il giudice cui sia tempestivamente chiesta dal convenuto la chiamata in causa, in manleva o in regresso, del terzo, può quindi rifiutare di fissare una nuova prima udienza per la costituzione del terzo, come accaduto nel caso, motivando la trattazione separata delle cause per ragioni di economia processuale e per motivi di ragionevole durata del processo intrinseci ad ogni sua scelta, dopo la novella dell'art. 111 Cost. del 1999; pertanto il motivo di ricorso che denuncia la violazione dell'art. 269 c.p.c. novellato dalla L. n. 353 del 1990, deve rigettarsi perché infondato".

Per le Vostre gradite considerazioni in ordine a tale assunto quanto meno discutibile il form sottostante è a completa disposizione.


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