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Data: 10/05/2016 17:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Se il contribuente versa in ritardo le imposte determinate con l'avviso di accertamento (divenuto definitivo) anche di soli 3 giorni, per errore a lui imputabile, decade dai benefici previsti dalla legge come la riduzione delle sanzioni. Non si tratta, infatti, di un lieve inadempimento che, ai sensi dall'art. 15, comma 4, del d.lgs. n. 159 del 2015, impedisce la decadenza dal beneficio. Lo ha disposto la Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, nella sentenza n. 9176/2016 (qui sotto allegata). Il ricorrente aveva impugnato la cartella di pagamento emessa a seguito della iscrizione a ruolo dell'importo corrispondete ai tre quarti delle sanzioni, dovuto in aggiunta al quarto delle sanzioni spontaneamente versato, irrogate in ragione del ritardo con il quale aveva provveduto al pagamento delle imposte determinate con l'avviso di accertamento relativo all'anno 2003, divenuto definitivo per mancata impugnazione. La competente Commissione Tributaria accoglieva il ricorso sulla deduzione di parte che il ritardo era dipeso da un errore imputabile all'Ufficio. L'Agenzia delle Entrate proponeva dunque appello alla Commissione tributaria regionale che riformava la decisione di primo grado, confermando la cartella impugnata. Premesso che il ritardato pagamento, anche di soli tre giorni, comportava la revoca della riduzione delle sanzioni prevista dall'art. 15 del d.lgs. n.218 del 1997, il giudice di appello osservava che il mancato inserimento del codice di versamento dell'Irap nella delega di pagamento era addebitabile al contribuente, presentatosi presso la banca il giorno della scadenza del termine utile per effettuare il versamento senza essere in possesso di tale codice, agevolmente reperibile; inoltre, non rientrava nei compiti dell'Ufficio inserire nel Modello di versamento il codice identificativo dell'Irap, non essendo nella condizione di sapere preventivamente quale sia la regione alla quale competeva il versamento dell'imposta locale da parte del singolo contribuente. Gli Ermellini condividono quanto stabilito dal giudice di seconde cure e respingono il ricorso del contribuente. Non si ritiene sussistente la dedotta violazione dell'art.10 legge n. 212 del 2000 poiché il mancato tempestivo pagamento non è dipeso da un errore della Amministrazione, o da obiettive condizioni di incertezza della norma. Come ritenuto dal giudice di merito con motivazione congrua, il ritardato versamento è dipeso dal comportamento negligente del contribuente, presentatosi presso la banca nell'ultimo giorno utile per effettuare il versamento senza essere in possesso del codice regionale al quale attribuire il versamento dell'Irap, facilmente reperibile dall'elenco dei codici delle regioni regolarmente pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta ufficiale n.63 del 17/3/2005. La difesa aveva chiesto l'applicazione al caso in esame dell'art. 15-ter del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, introdotto dall'art. 3 del d.lgs. n.159 del 2015, che esclude la decadenza dal beneficio in caso di "lieve inadempimento". Tuttavia, va rilevato che tale norma, vigente dal 22/10/2015, non è applicabile retroattivamente all'anno di imposta 2002 come si evince dalla disposizione transitoria dettata dall'art.15 comma 4 del citato d.lgs. n.159 del 2015. La fattispecie di "lieve inadempimento" introdotta dal citato art.15-ter, comma 3, esclude la decadenza dalla rateazione ricorrendo le condizioni ivi previste, beneficio esteso anche ai casi di versamento in unico soluzione delle somme dovute a seguito di accertamento con adesione ai sensi dell'art.8 d.lgs n.218 del 1997, ovvero a seguito della ricezione degli avvisi bonari ai sensi degli artt.2 e 3 d.lgs. n.462 del 1997. Comunque, la previsione del "lieve inadempimento" non riguarderebbe, invece, secondo i giudici, la diversa fattispecie prevista dall'art. 15 d.lgs n.218 del 1997, il quale stabilisce la perdita del beneficio della riduzione delle sanzioni qualora il contribuente destinatario dell'avviso di accertamento non abbia provveduto al pagamento delle imposte e delle sanzioni ridotte entro il termine perentorio previsto per l'impugnazione dell'atto impositivo. Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato al pagamento, in favore della Agenzia delle Entrate, delle spese di giudizio liquidate in euro 1.500.
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