Spesso il Congresso della Melchiorre Gioia, un po' per logica pianificazione, un po' per fortuna, � stato la prima sede dove venivano commentate nuove leggi o importanti sentenze.
Questa volta a dare un'ulteriore spinta di interesse verso l'Annual Meeting � la recentissima Sentenza a Sezione Unite della Cassazione del 6 maggio n. 9140/2016.
La Suprema Corte si � pronunciata sulle clausole claims made per un caso di responsabilit� professionale sanitaria superando un orientamento giurisprudenziale (vedi anche Sentenza SCC n. 5791/2014) che ne metteva in dubbio la validit�.
Nell'articolata motivazione, per�, se da un lato la clausola non � stata ritenuta vessatoria, dall'altra viene ritenuto che, in presenza di determinate condizioni, pu� essere dichiarata nulla laddove sia applicabile la disciplina di cui al d.lgs. n. 2016 del 2005, per il fatto di determinare, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Come primo spunto di riflessione offriamo un sintetico commento del vice presidente della MG Avv. Maurizio Hazan in attesa che nella sessione assicurativa e quella giuridica del venerd� pomeriggio l'argomento venga approfondito e sia tema di confronto.

LA CLAIMS MADE - PUR VALIDA - NON CALZA ALLE POLIZZE DELLA
RESPONSABILITA' SANITARIA - Maurizio Hazan

Cos� hanno statuito le Sezioni Unite della Cassazione in una recentissima sentenza (la n. 9140 del 6 maggio 2016), che non mancher� di far discutere.

La clausola claims made, afferma la Corte, non � nulla, in termini generali, n� vessatoria: � ben possibile inserire in garanzia rischi connessi a responsabilit� pregresse rispetto alla stipula della polizza, senza che ci� escluda la naturale aleatoriet� del contratto.

Al contrario, proprio perch� volta ad individuare l'ambito del rischio (e quindi dell'alea) negozialmente "trasferito" all'assicuratore, la clausola in esame non � vessatoria, in quanto tesa a delimitare l'oggetto del contratto e non invece a limitare la responsabilit� dell'impresa.

Letta in questa termini la sentenza sembra affermare la vittoria della Claims su tutte le severe censure mosse a suo carico da quella dottrina e da quella giurisprudenza che, anche recentemente (Cassazione civile, sez. III, 13 marzo 2014, n. 5791) ne avevano posto in discussione la validit�.

Senonch�, a voler ben vedere, le Sezioni Unite, in coda alla motivazione, sollevano una questione che potrebbe depotenziare, se non del tutto vulnerare, il modello claims made proprio nel settore in cui ha incontrato maggiore diffusione: quello delle assicurazioni obbligatorie delle responsabilit� professionali.
Tale obbligo assicurativo � stato infatti stabilito dall'art. 3 comma 5 lettera E del D.L. 138/2011 avendo in animo di tutelare, prima ancora che il patrimonio del professionista responsabile, il cliente di quest'ultimo, proteggendolo dal rischio di insolvenza del primo davanti ad eventuali azioni risarcitorie. Alla luce di tale funzione protettiva esterna della polizza obbligatoria, il professionista non potr� � allo stato attuale della normativa - adempiere l'obbligo assicurativo ricorrendo a coperture incomplete o ad una sola polizza che, strutturata secondo il modello "Claims made", lasci scoperti ambiti di garanzia in relazione a sinistri derivanti da responsabilit� scaturite nei confronti del cliente in costanza di incarico (e "reclamati" in una fase successiva alla cessazione della copertura assicurativa).
Ci� vale, naturalmente, anche e soprattutto per il settore sanitario.
E' interessante osservare come, anche nel corso dei recenti incontri di studio organizzati da Melchiorre Gioia, una delle critiche pi� ricorrenti sollevate nei confronti del DDL Gelli riguarda l'art. 11 e, in particolare, la previsione di un modello di polizza (art. 11) con postuma quinquennale: postuma che, secondo il mercato assicurativo, non sarebbe tecnicamente sostenibile.

Ebbene, alla luce della posizione delle Sezioni Unite dovrebbe sostenersi l'esatto contrario, e cio� che una ultrattivit� quinquennale sarebbe addirittura insufficiente (almeno per i professionisti�) a soddisfare gli obiettivi di tutela del paziente, destinati ad essere invece obbligatoriamente presidiati lungo tutto il periodo di potenziale esercizio di una eventuale richiesta risarcitoria.
L'incompatibilit� della Claims al settore delle polizze della responsabilit� � stata peraltro sottolineata con tanta energia da indurre le Sezioni Unite ad inviare un monito al legislatore, affinch� lo stesso � attuando la norma primaria � non finisca per disattendere quelle prioritarie finalit� di tutela del cliente.
Non � facile comprendere quali possano essere in concreto le conseguenze, sul piano civilistico, di una polizza professionale con claims made. N� se l'eventuale introduzione della regola della inopponibilit� delle eccezioni contrattuali nei confronti dell'assicurato valga a superare il problema
Certo � che la Claims made, pur mantenuta in vita dalle Sezioni Unite, rischia di non poter essere applicata proprio nel settore in cui ha incontrato maggiore diffusione (e nell'ambito del quale se ne sente il maggior bisogno).
Avv. Maurizio Hazan
Vice Presidente M. Gioia