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Data: 28/05/2016 18:50:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Risponde il gestore del servizio autostradale, ex art. 2051 c.c., del danno provocato all'automobilista da un copertone abbandonato sulla carreggiata; il custode, per liberarsi dalla responsabilità non dovrà solo dimostrare la propria diligenza nella custodia, ma dovrà provare che il danno è derivato da caso fortuito, che potrà consistere anche nella condotta di un terzo o del danneggiato stesso Lo ha disposto la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza n. 10893/2016 (qui sotto allegata) accogliendo il ricorso di un uomo teso ad ottenere il risarcimento dei danni derivati da un sinistro in autostrada provocato dalla carcassa di uno pneumatico sulla carreggiata. A detta del riocorrente, al fine di dimostrare che il sinistro era derivato da causa a essa non imputabile, il gestore della rete autostradale avrebbe dovuto provare di avere adempiuto ai propri obblighi di vigilanza, da non intendersi come passiva attesa di segnalazione, bensì come attività positiva. Cosa che la società suddetta non avrebbe fatto e non avrebbe neppure provato l'inevitabilità e la imprevedibilità del fatto. Si tratta di doglianza che convince gli Ermellini che ribaltano la decisione impugnata e accolgono il motivo di ricorso con cui l'uomo osserva che il giudice d'appello "avrebbe dovuto giudicare la responsabilità della convenuta facendola discendere dall'esistenza o meno della prova dell'impossibilità non imputabile della prestazione" ex articolo 1218 o "sull'esistenza o meno del caso fortuito" ex articolo 2051, comunque dovendo far gravare la prova dell'esistenza dell'esimente sulla convenuta stessa. Nel caso di specie, al contrario, tale prova sarebbe stata "data per scontata dallo stesso giudicante sulla base di congetture che nulla hanno a che vedere col principio dell'inversione dell'onere della prova, prima enunciato e poi disatteso" Ha sbagliato, in sostanza, il giudice del gravame a ritenere assertivamente che lo pneumatico fosse stato perduto "da un utente che precedeva sia pure di poco l'autovettura" dell'appellante, ritenendo non responsabile il custode appunto per tale "brevità del tempo trascorso". È evidente che, in tal modo, viene messo in discussione l'onere della prova: posto che non emerge alcun elemento probatorio in tal senso, bensì soltanto un argomento meramente ipotizzante che l'oggetto fosse "finito lungo la striscia di asfalto solo pochi istanti prima che il danneggiato lo investisse. In tal modo il giudice d'appello ha invertito l'onere di prova, liquidando come prova negativa quella che d'altronde è la prova di un elemento positivo, cioè del caso fortuito, e giungendo, in sostanza, a gravare il danneggiato di un onere probatorio più ampio di quello a lui imposto dalla legge, proprio perché erroneamente assorbente l'onere probatorio del custode: sarebbe stato il danneggiato, in ultima analisi, a dovere dimostrare quando e da chi fosse stato lasciato sul manto stradale l'oggetto che ha causato il suo danno, laddove, secondo l'articolo 2051 c.c., nel caso di responsabilità oggettiva, il danneggiato deve dimostrare soltanto l'esistenza dell'elemento danneggiante e il nesso causale tra questo e il suo danno. Infatti, precisano i giudici, la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall'art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo e perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia nel caso rilevante non presuppone nè implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositarlo, e funzione della norma è, d'altro canto, quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, dovendo pertanto considerarsi custode chi di fatto ne controlla le modalità d'uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta. Ne consegue che tale tipo di responsabilità è esclusa solamente dal caso fortuito (da intendersi nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato), fattore che attiene non già ad un comportamento del custode (che è irrilevante) bensì al profilo causale dell'evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell'imprevedibilità e dell'inevitabilità. L'attore che agisce per il riconoscimento del danno ha, quindi, l'onere di provare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, mentre il custode convenuto, per liberarsi dalla sua responsabilità, deve provare l'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale. Pertanto, a carico dei proprietari o concessionari delle autostrade, per loro natura destinate alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, è configurabile la responsabilità per cosa in custodia, disciplinata dall'art. 2051 c.c., essendo possibile ravvisare un'effettiva possibilità di controllo sulla situazione della circolazione e delle carreggiate, riconducibile ad un rapporto di custodia. Ne consegue, ai fini della prova liberatoria, che il custode è tenuto a fornire per sottrarsi alla responsabilità civile, la necessità di distinguere tra le situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze dell'autostrada da quelle provocate dagli utenti o da una repentina ed imprevedibile alterazione dello stato della cosa in quanto, solo nella ricorrenza di queste ultime, potrà configurarsi il caso fortuito tutte le volte che l'evento dannoso si sia verificato prima che l'ente proprietario o gestore abbia potuto rimuovere, nonostante l'attività di controllo e la diligenza impiegata al fine di garantire la tempestività dell'intervento, la straordinaria ed imprevedibile situazione di pericolo determinatasi.
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