Data: 03/06/2016 21:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli

di Valeria Zeppilli � Innegabilmente, Facebook e gli altri social network hanno ampliato le capacit� comunicative di tutti coloro che decidono di avvalersene, permettendo ai vari utenti di esprimere le proprie opinioni in un solo attimo a un pubblico molto vasto.

Al di l� dei pregi e difetti di tale possibilit�, sui quali i pro social network e gli anti social network si danno battaglia, non bisogna dimenticare una sua conseguenza di non poco conto e sulla quale non c'� molto da discutere: un utilizzo non consono dello strumento aumenta il rischio di commettere reato di diffamazione.

E non ci vuole poi cos� tanto per sconfinare nell'illecito, come la giurisprudenza degli ultimi anni ha avuto modo di decretare.

Molto interessante, in tal senso, � la sentenza numero 13604 del 24 marzo 2014, con la quale la Corte di cassazione ha sancito che anche una semplice allusione pu� integrare reato. Ovviamente, il soggetto colpito dalla diffamazione deve essere facilmente individuabile: se ci� avviene, affinch� scatti una condanna penale non importa che nome e cognome vengano omessi.

Se, insomma, si sente la necessit� di sfogarsi pubblicamente tentando di fare i furbi e dissimulando il nome del destinatario delle invettive con allusioni comunque idonee a identificarlo, non si deve affatto credere di essere salvi: la giurisprudenza nel tempo ha parlato chiaro e dal rischio di essere condannati per diffamazione non si scappa.

Peraltro, come ricordato anche recentemente dalla quinta sezione penale della Cassazione nella sentenza numero 8328 del 1� marzo 2016, diffondere un messaggio diffamatorio attraverso l'utilizzo di un social network rappresenta un'ipotesi di reato aggravata ai sensi del comma terzo dell'articolo 595 del codice penale: la diffusione del messaggio, infatti, ha in tal caso la capacit� di raggiungere un numero indeterminato di persone in tempi assai ravvicinati.

Ecco quindi che pubblicare e diffondere sui social network contenuti che offendono anche velatamente l'altrui onore, l'altrui reputazione e l'altrui decoro genera un'indubbia e rilevante responsabilit� da fatto illecito, che comporta anche l'obbligo di risarcire il conseguente danno morale.

Oltretutto neanche eliminare tempestivamente il post "incriminato" rendendosi conto delle conseguenze che ne possono derivare pu� sempre essere un valido rimedio: chi si senta offeso e voglia ottenere giustizia pu� comunque essere aiutato dai testimoni che hanno letto l'invettiva o dai moderni strumenti tecnologici idonei a ricostruire la vicenda.


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