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Data: 21/06/2016 13:20:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Il consumatore sovraindebitato ha più "chance" poiché non sussiste alcuna ipotesi di inammissibilità se, presentata una proposta di piano del consumatore, e non omologato il piano, il debitore si determini a perseguire una diversa modalità di composizione della crisi mediante un accordo con i creditori. La domanda può essere proposta tanto con ricorso autonomo e successivo al diniego dell'omologa, quanto con il medesimo ricorso con il quale è stata presentata la proposta di piano, subordinatamente al diniego di omologa, non risultando alcun impedimento e divieto processuale, a patto che sussistano sin dall'inizio tutti i presupposti ed i requisiti di legge per accedere alla procedura chiesta in subordine. Ha così deciso il Tribunale di Cagliari, in un'ordinanza dello scorso 11 maggio (qui sotto allegata) pronunciandosi sul reclamo proposto da due coniugi contro l'ordinanza di diniego di omologazione del piano del consumatore (art. 12-bis L. 3/2012). La coppia, stante la morosità accumulata nei confronti di due finanziarie, una banca e un fondo di solidarietà, aveva deciso di nominare un professionista svolgente le funzioni attribuite dalla legge all'organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento il quale aveva predisposto e presentato un piano del consumatore, ai sensi degli artt. 7 e ss. L. n. 3/2012. Il giudice non ha omologato l'istanza evidenziando che i due hanno colposamente determinato o comunque notevolmente aggravato il proprio sovrindebitamento, assumendo obbligazioni senza vi fosse la ragionevole prospettiva di poterle adempiere. Infatti, con una condizione finanziaria già non più sostenibile, i ricorrenti hanno fatto ulteriormente ricorso al credito, aggravando sensibilmente una condizione già ampiamente precaria. Ciononostante, i coniugi,oltre a richiederne l'omologazione, in via subordinata avevano chiesto che, nell'ipotesi in cui il tribunale non avesse ravvisato la meritevolezza, il piano proposto venisse convertito in proposta per l'accordo dei creditori. In sede di reclamo, viene sottolineato proprio l'omesso esame della domanda subordinata di convertire la proposta di piano, in ipotesi di diniego dell'omologa. Il Tribunale di Cagliari ha, in primo luogo, ribadito che la legge 3 del 2012 prevede tre rimedi diversi, che hanno un oggetto e presupposti completamente differenti, ossia il piano del consumatore, l'accordo con i creditori e la liquidazione dei beni. Circa il piano del consumatore, solo al debitore meritevole può essere concesso l'effetto esdebitatorio, mentre il debitore sovraindebitato non meritevole potrà soltanto ottenere l'effetto esdebitatorio tramite l'accordo con i creditori o la liquidazione dei beni. Per omologare il piano del consumatore il giudice dovrà verificare che il consumatore non abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere e che non abbia colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per effetto di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali. Il primo giudice, dopo avere negato l'omologa dopo aver verificato le circostanze ostative, ha tuttavia omesso di pronunciarsi sulla domanda subordinata. Il provvedimento impugnato risulta pertanto affetto dal vizio di omessa pronuncia e spetta in tal caso al tribunale il vaglio della domanda nel merito quale giudice dell'impugnazione. Si tratta di una questione che non appare di immediata soluzione in quanto, ai sensi dell'art. 7, c. 2 lett. b) della legge citata, la proposta non è ammissibile quando il debitore "ha fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, ai procedimenti di cui al presente capo". Secondo una recente giurisprudenza di merito, tale norma va letta nel senso che non può essere ammesso alle procedure previste dalla l. 3/2012 il debitore che nei precedenti cinque anni abbia fatto ricorso ad una delle stesse procedure, dovendosi comprendere con la locuzione "fare ricorso" tanto il caso in cui una di quelle procedure si sia svolta quanto il caso in cui il debitore abbia solamente fatto la domanda. Un'interpretazione rigida che, per il Tribunale sardo, non appare condivisibile: l'aver utilizzato la locuzione "fare ricorso … ai procedimenti" sembra, infatti, riconducibile ad una terminologia atecnica, il cui significato è quello di "accesso" ad una delle procedure con conseguente effetto esdebitatorio. La norma andrebbe quindi letta nel senso che il debitore che abbia beneficiato di una procedura prevista dalla l. 3/2012 non possa nei successivi cinque anni presentare altra domanda: solo così si persegue l'evidente ratio di impedire al debitore di beneficiare ripetutamente dell'esdebitazione e di fare affidamento sulla disciplina del sovra indebitamento per assumere con leggerezza debiti. Tale ratio, prosegue il giudice, sarebbe difficilmente individuabile se alla norma si desse una lettura più restrittiva poichè in quel caso, infatti, la norma sembrerebbe ispirata ad una sorta di sanzione del debitore per avere fatto ricorso allo strumento sbagliato. Se, inoltre, il legislatore consente con l'art. 14 quater di convertire la procedura di composizione della crisi in quella di liquidazione, non vi è motivo per negare la possibilità di scrutinare una domanda subordinata di composizione della crisi nel caso in cui non venga accolta la proposta principale recante l'alternativo rimedio e viceversa. Pertanto, accertato il possesso dei requisiti e la sussistenza dei presupposti di legge ed accertato altresì che la proposta di accordo sia formulata secondo le previsioni di cui all'art. 7, in riforma dell'impugnato provvedimento, e previa qualificazione della proposta di "piano del consumatore" in proposta di "accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti", della quale contiene tutti i requisiti, ritiene il collegio che i ricorrenti debbano essere ammessi alla procedura di cui all'art. 10 l. 3/2012 e all'udienza prevista dall'articolo 10 della legge 3 del 2012, finalizzata al coinvolgimento dei creditori nell'approvazione dell'accordo. Gli atti sono stati quindi restituiti dal collegio al primo giudice per procedere alla celebrazione di quella udienza
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