Data: 23/06/2016 16:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli

di Valeria Zeppilli – L'articolo 32 del d.p.r. n. 600/1973 sancisce una presunzione legale in forza della quale i prelievi e i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi. Rispetto ad essa, il contribuente che esercita un'impresa può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici.

A tal proposito la Corte di cassazione ha recentemente sancito che è legittimo il sequestro dei beni del contribuente in caso di movimentazioni bancarie sospette, tra le quali rientrano anche le cessioni gratuite ai familiari.

Più precisamente, le presunzioni legali che sono previste dalle norme tributarie non costituiscono di certo una fonte di prova della commissione dei reati di cui al decreto legislativo numero 74 del 2000.

Nonostante ciò, come chiarito dai giudici di legittimità nella sentenza numero 25451 depositata il 20 giugno 2016 (qui sotto allegata), esse hanno comunque un valore indiziario sufficiente, in assenza di elementi di segno contrario, ad integrare il cd. fumus commissi delicti.

Ed è proprio in forza di quest'ultimo che è possibile applicare una misura cautelare reale al presunto evasore.

Nel caso di specie, interessato della misura era un imprenditore dai cui conti bancari erano risultati numerosi prelievi e versamenti privi di giustificazioni oltre che diverse donazioni in favore del figlio. L'accusa che ne era derivata era quella di non aver dichiarato al fisco un importo di oltre un milione di euro.

Il giudice del merito aveva ritenuto illegittimo il provvedimento di sequestro fatto ai suoi danni perché il fumus commissi delicti sarebbe stato fatto derivare dalle sole presunzioni legali previste dalle norme tributarie.

Ma per la Cassazione non c'è nulla di più sbagliato e la richiesta di riesame del provvedimento di sequestro preventivo fatta dal contribuente va nuovamente valutata.


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