Data: 24/06/2016 08:00:00 - Autore: Marina Crisafi

di Marina Crisafi – Il fisco può entrare nell'abitazione privata per verificare se si ha diritto alle agevolazioni e, in caso positivo, revocarle. Basta il placet del pm e la sussistenza di "gravi indizi" di violazione della normativa fiscale. Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza n. 13145/2016 pubblicata oggi dalla sezione tributaria, legittimando l'accesso ai "locali" non destinati all'esercizio di un'impresa o di una professione con partita Iva o a immobili ad uso promiscuo (professionale e abitazione contemporaneamente).

Deve essere "valorizzata – spiegano dal Palazzaccio, segnando un orientamento nuovo sulla questione - l'intenzione del legislatore" di estendere tale potere dell'amministrazione anche ai privati.

Per cui niente da fare per il contribuente che si è visto confermare l'avviso di liquidazione delle maggiori imposte di registro sulla casa donata in comunione alle figlie riservandosi il diritto di abitazione.

L'accertamento dell'ufficio ha constatato infatti che la casa era in realtà di lusso perché alcuni vani indicati come "di servizio" erano stati trasformati ad uso abitativo (come cantina e soffitta diventate, rispettivamente, taverna e mansarda) e la superficie superava così i 240 metri quadrati, oltre ai quali non si ha diritto più al bonus.

Quanto alla normativa che rende legittima la verifica del fisco, l'unica disposizione che si presenta compatibile è quella contenuta nell'art. 52, comma 2, del d.p.r. n. 633/1972 (dedicata tuttavia alla disciplina degli accessi per l'accertamento dell'Iva e non per l'imposta di registro) che consente di entrare nelle case private previa autorizzazione del procuratore della Repubblica "soltanto in caso di gravi indizi di violazioni" fiscali, come nel caso di specie.


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