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Data: 01/07/2016 20:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Il cliente non può giustificare il mancato pagamento dell'onorario al legale affermando la responsabilità professionale di quest'ultimo per inesatto adempimento dell'obbligazione, se emerge che l'avvocato non era stato informato circa fatti essenziali per lo svolgimento della causa. Lo ha chiarito il Tribunale di L'Aquila, con la recente sentenza n. 263/2016 (qui sotto allegata), che ha così rigettato l'opposizione di una S.r.l. al decreto ingiuntivo di pagamento di somme a titolo di onorari. Un avvocato, infatti, aveva richiesto e ottenuto ingiungersi il pagamento dei propri onorari, tuttavia il cliente, opponendosi a tale provvedimento, aveva chiesto riconvenzionalmente dichiarasi a suo favore il risarcimento del danno subito a causa dell'inesatto adempimento dell'obbligazione del legale. Questo, infatti, non avrebbe adempiuto il suo mandato professionale con correttezza, nel procedimento instaurato dalla società, omettendo di sollevare tempestivamente eccezione di disconoscimento dell'autenticità del contratto stipulato e contenente clausola compromissoria e limitazioni all'azione di responsabilità della società convenuta, in tal modo provocando la declaratoria di incompetenza per territorio del Tribunale di L'Aquila in favore di quello di Trento, con conseguente condanna al pagamento delle spese del giudizio instaurato e pregiudicando le possibilità di difesa della società. Difendendosi in giudizio, l'avvocato aveva chiesto rigettarsi l'opposizione in quanto infondata, poichè gli amministratori di fatto della società avevano omesso di rappresentare al difensore fatti indispensabili per la gestione della lite anche relativamente all'esistenza e autenticità del contratto intercorso impedendo la svolgimento di una tempestiva attività difensiva. Il Tribunale, decidendo la questione, premette che si ha colpa professionale quando si sia in presenza di una condotta negligente (non solo mancanza di diligenza, ma anche di disattenzione, dimenticanza) di imperizia (quando l'attività professionale non viene svolta con la perizia dovuta ed esigibile da un professionista sufficientemente preparato, avveduto e costantemente aggiornato, al fine di garantire al meglio gli interessi del cliente), di imprudenza (quando si compiono scelte che vanno al di là dei normali criteri di soluzione del caso che gli è stato sottoposto). In definitiva, la condotta del professionista deve essere valutata facendo riferimento alla diligenza usata per ottenere un risultato favorevole al cliente (c.d. diligenza tecnica). Fatte queste premesse occorre ulteriormente precisare che la verifica della sussistenza di un danno deve necessariamente implicare una valutazione prognostica in ordine al possibile esito del giudizio in caso di svolgimento dell'attività professionale secondo i criteri di cui all'art. 1176 comma 2 c.c. Il Tribunale ritiene di aderire all'orientamento della giurisprudenza di legittimità in base al quale "l'avvocato, nell'espletamento dell'attività professionale, deve tendere a conseguire il buon esito della lite per il cliente e pertanto sussiste la sua responsabilità se, probabilmente e presuntivamente, applicando il principio penalistico di equivalenza della causa (artt. 40 e 41 c.p.) esso non è stato raggiunto per sua negligenza" Nel caso di specie, dall'istruttoria probatoria e dai documenti in atti è emerso che al momento della scadenza del termine di legge, i difensori non erano stati edotti in ordine al reale andamento dei fatti e qui di alla necessità di precisare o meno il disconoscimento ovvero di aderire all'eccezione di incompetenza. In sostanza, non erano a conoscenza che amministratori di fatto della srl fossero altri soggetti, i quali ponevano in essere contratti come quello di cui è causa. In presenza di tali elementi concordanti deve ritenersi che i difensori correttamente non avrebbero potuto procedere al disconoscimento. Deve essere esclusa, quindi, una negligenza nell'espletamento dell'incarico da parte del difensore.
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