Data: 08/07/2016 21:00:00 - Autore: Marina Crisafi

di Marina Crisafi - Anche le prostitute, come tutti i contribuenti, devono pagare le tasse e non rileva che l'attivit� svolta non sia regolamentata in Italia e che non sia presente tra i codici delle dichiarazioni dei redditi stabiliti dal fisco. In base alla giurisprudenza della Corte di giustizia europea, infatti, l'attivit� rientra tra le prestazioni di servizi retribuite e inoltre se esercitata con carattere di abitualit�, pu� essere comunque inquadrata nell'ampia previsione dell'art. 3, comma 1, secondo periodo, del d.p.r. n. 633/1972. Ad affermarlo � la recente sentenza pubblicata dalla prima sezione della Ctp di Savona (giudice Roberto Bertolo), n. 389/2016, pronunciandosi sul caso di una ragazza dell'est europeo che aveva ricevuto una serie di avvisi di accertamento per il mancato pagamento di Iva e Irpef dopo una serie di indagini bancarie effettuate dal fisco. Sono proprio queste ultime ad incastrarla. La donna infatti non riusciva a documentare che gli elementi emersi dalle movimentazioni sul conto corrente non erano riferibili ad attivit� imponibili, ammettendo di fare la escort con attivit� ben organizzata e stabile (come emergeva dal diario degli appuntamenti della ragazza) e di guadagnare almeno 36mila euro l'anno. Ci� basta al giudice per ritenere che l'attivit� non fosse affatto marginale e che le tasse fossero dovute.

S� agli obblighi ma se ci sono i diritti: l'intervento del Comitato per i diritti civili delle prostitute

Immediata l'eco della pronuncia e le relative polemiche da parte del Comitato per i diritti civili delle prostitute. "La contraddizione � che se una escort vuole aprire una partita Iva poi il Fisco italiano glielo nega perch� non c'� una regolamentazione che lo permetta. Da noi, al di l� delle sentenze, manca una legge chiara: si faccia, allora". Sono le parole, espresse all'Adnkronos, dalla fondatrice del Comitato per i diritti civili delle prostitute, Pia Covre, dopo la sentenza della commissione tributaria di Savona. La giurisprudenza della Corte di giustizia europea, su cui si � basato il giudice tributario, si rif� al "caso di una sex worker in Olanda, dove la prostituzione � riconosciuta come un lavoro � ha ricordato la Covre - ma lo stesso orientamento, secondo cui la prostituzione equivale ad altre attivit� economiche, non si pu� applicare in Italia dove non c'� riconoscimento della professione di prostituta e di conseguenza non vi � nessuna legislazione in proposito".

Del resto, ha aggiunto la Covre, "non � la prima volta che i giudici italiani ricorrono all'orientamento Ue per giustificare che le lavoratrici del sesso debbano pagare le tasse" e anche gli accertamenti della finanza sui conti delle escort "sono molti di pi� di quelli che emergono dalle cronache, soltanto che molte lasciano correre e pagano".

Se si parla di doveri, dunque, come il pagamento delle tasse, allora, ha affermato Covre, si deve parlare anche di diritti. "Visto che la maggior parte di questo mondo � fatto di donne, � forse garantito il diritto alla maternit�?" ha rincarato, infatti, per non parlare poi della questione previdenziale e della salute.

"Queste non sono sentenze che garantiscono diritti, garantiscono solo l'obbligo di pagare le tasse � ha chiosato - Serve una legge che riconosca il nostro come un lavoro con annesse tutte le questioni previdenziali, allora s� che � giusto pagare le tasse".


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