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Data: 14/07/2016 19:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli di Valeria Zeppilli – Se, presi da un attacco di ira e fomentati da un astio ormai radicato, si arriva ad augurare la morte a qualcuno si commette reato? Certo si tratta di un comportamento biasimevole e "poco carino", ma per la giurisprudenza no: non è reato! Per fugare ogni dubbio in materia è stato necessario l'intervento, peraltro ripetuto, della Corte di Cassazione, ma ormai è chiaro: non c'è nessuna rilevanza penale. Ad esempio, con la sentenza numero 41190/2014 (V. Augurare la morte a qualcuno è moralmente riprovevole, ma penalmente irrilevante. Parola di Cassazione) i giudici di legittimità hanno chiarito che desiderare la morte di qualcuno non integra una fattispecie di ingiuria (peraltro oggi depenalizzata), in quanto tale "auspicio" non è di certo idoneo a offendere l'onore e il decoro di chi ne rappresenti l'oggetto. Né tanto meno può parlarsi di minaccia: augurare il decesso di qualcun altro, se manca la manifestazione dell'intento di esserne i responsabili, non è niente più che una manifestazione di astio. A tale comportamento, quindi, non può essere attribuito alcun significato in termini penali. Per la Cassazione, poi, un simile augurio non ha di per sé neanche natura diffamatoria. Come chiarito nella sentenza numero 15646/2016, infatti, quanto affermato nel corso di una lite (nella specie tra condomini) deve essere contestualizzato "avuto riguardo anche alle qualità personali dei soggetti coinvolti ed all'esistenza tra loro di meri dissapori" (V. Augurare la morte al vicino di casa non è reato) . Insomma, "augurarsi la morte di un'altra persona è certamente manifestazione di astio, forse di odio, nei confronti della stessa persona, ma poiché il precetto evangelico di amare il prossimo come se stessi non ha sanzione penale, la sua violazione è, appunto, penalmente irrilevante" (cfr. Cass. n. 41190/2014 sopra citata).
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