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Data: 14/07/2017 11:00:00 - Autore: Law In Action - di P. Storani di Paolo M. Storani - Mi interrogavo nell'aprile scorso (2017): non sarà mica che in responsabilità medica, dietro il paravento dell'apparente paradigma contrattuale di collegamento alla struttura sanitaria, con la nuova Legge Gelli - Bianco in vigore dal 1° aprile 2017 (data emblematica), si viene a creare uno strano meccanismo che realizza una perfetta inversione dell'onere della prova a carico del paziente? Stimo molto Daniela Zorzit e, quando il suo volto rassicurante emerge dalla calca di un congresso o alle ore sette del mattino dalla sala colazioni del Radisson Hotel di Roma Termini (siamo entrambi mattinieri), è sempre piacevole scambiare quattro chiacchiere. L'ultima volta che ci siamo incrociati si parlava di distinzione tra interventi routinari e di speciale difficoltà in quanto prendeva spunto, bontà sua, da un mio articolo pubblicato sul web da Ridare della Giuffrè, che a lei era piaciuto. Ora curiosamente le parti si invertono perché quanto sostiene Daniela in ordine all'onere della prova in mal-med nel suo recentissimo articolo (qualche giorno fa, il 9 luglio 2017) sulla medesima Rivista online che ho appena letto in treno e di cui non ho sottomano l'intitolazione rispecchia esattamente il mio pensiero, pur con qualche considerazione che magari svolgerò in prosieguo, durante l'estate. Tant'è che, per una incredibile coincidenza di pensieri, ne ho anche trattato nella prefazione (alla VII edizione) al testo per l'Editore Maggioli La nuova responsabilità del medico e della struttura sanitaria, che abbiamo pubblicato nel mese di aprile 2017 insieme ai cari Roberto Cataldi, Francesca Romanelli, Silvia Vagnoni e Cristina Matricardi. E allora LIA Law In Action intende proporre ai suoi internauti una primissima disamina del cambiamento epocale muovendo dalle espressioni adoperate da Daniela Zorzit. La studiosa si diverte a giocare con il vecchio adagio del res ipsa loquit: "Vale a dire: se l'intervento è di facile esecuzione, la mancata guarigione e/o il peggioramento delle condizioni di salute parlano da sé, consentono cioè al Giudice di inferire e quindi dare per esistente l'inadempimento (salva la prova contraria) (in tal senso, ex plurimis, Cass. civ., n. 6141/1978; Cass. n. 6220/1988; Cass. civ. n. 3492/2002)". "Viceversa," - prosegue Daniela - "se la prestazione ha natura non routinaria - circostanza, questa, che spetterebbe al medico provare... - toccherebbe al paziente dimostrare, in modo preciso e specifico, quali siano state le modalità inidonee ossia gli errori commessi dal professionista... ". Sembrano sofismi, ma con questi concetti si vincono (e si perdono!) le cause. Il passaggio che a me interessa maggiormente del ragionamento (perfettamente corretto) di Zorzit è quello che segue e che rappresenta una sorta di chiusa del pezzo, dotato di rara sintesi, che rimanda, alla fine, ad una bella e lontana (quasi un decennio fa) sentenza del prestigioso Presidente Damiano Spera del Tribunale di Milano del 22 aprile 2008. "Resta, però, da chiedersi: potrebbe mai la giurisprudenza eludere il cambiamento ed applicare anche a tale rapporto la regola res ipsa loquitur? ("usando" appunto la distinzione facile/difficile per ripartire gli oneri, tanto più che l'art. 2236 c.c. è stato sempre pacificamente applicato anche al settore aquilano)". L'art. 2236 c.c. notoriamente contiene una disciplina di favor per l'esercente la professione medica. "A parere di chi scrive," - continua Daniela Zorzit - "una simile operazione non dovrebbe essere consentita, perché finirebbe con lo svuotare di contenuto la norma, cancellando in un sol colpo il ben diverso principio – proprio del regime dell'illecito - per cui spetta al danneggiato provare tutti gli elementi costitutivi della fattispecie (condotta colposa e nesso anzitutto). Un simile escamotage dovrebbe anzi ritenersi proprio vietato, in forza della natura imperativa dello stesso art. 7 - che il Legislatore ha fatto bene a rimarcare, con dichiarazione quanto mai opportuna, se non necessaria: un monito ed un avvertimento contro letture reazionarie". Qui è assai importante il riferimento all'imperatività dell'art. 7. "Per quanto concerne la struttura," - conclude l'Autrice - "se è vero che nell'impianto della Novella resta fermo il paradigma contrattuale, pare a chi scrive che il riparto degli oneri sia comunque destinato a cambiare".
Piaccia o non piaccia, le cose stanno proprio come sostiene su Ridare del 9 luglio 2017 Daniela Zorzit. |
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