Data: 16/07/2016 10:30:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Il reato di violenza sessuale scatta nei confronti del marito che ha imposto alla moglie rapporti sessuali ritenendoli "dovuti": la relazione tra i due non integra la minore gravit� del fatto in quanto, ricostruita globalmente la vita di coppia, � emerso un rapporto "malato" fatto di angherie, soprusi e completa soggezione fisica e morale della donna al marito aggressivo e spesso ubriaco.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 28492/2016 (qui sotto allegata) che ha rigettato il ricorso di un uomo, condannato, tra l'altro, per maltrattamenti e violenza sessuale nei confronti della moglie.
La Corte territoriale osservava che era stata raggiunta la prova della responsabilit� penale del prevenuto in ordine a detti reati, in particolare confermando il giudizio di attendibilit� piena della persona offesa, anche con riguardo al dissenso in relazione all'unico episodio di violenza sessuale ritenuto nella sentenza del primo giudice.

Il giudice del gravame, infatti, aveva puntualmente ricostruito l'esistenza costellata di angherie e soprusi che la donna era tata costretta a subire a causa del problematico rapporto coniugale, che aveva portato a pregresse denunce e condanna per fatti analoghi.
In particolare, i giudici hanno analiticamente valutato l'attendibilit� intrinseca delle dichiarazioni accusatorie della donna, con particolare riguardo allo stato di completa soggezione fisica e morale nel quale essa era stata ridotta dal comportamento aggressivo del marito. 

Addirittura, le "prestazioni sessuali" richieste ed ottenute dal marito sono state la derivazione inevitabile di questo assoggettamento permanente della donna. � proprio quest'unico episodio ad inchiodare l'uomo, spesso ubriaco, e portare alla definitiva condanna dell'uomo.

Su questa base giuridica il giudice ha rilevato che nel generale contesto di abiezione e sottomissione nella quale era costretta da anni a vivere la moglie, quella notte la stessa era a dormire in un'altra stanza della casa coniugale e vi � stata letteralmente "prelevata" dall'imputato, che poi l'ha assoggettata alle attivit� sessuali che riteneva, senza che evidentemente avesse la necessit� di usare altri particolari mezzi di costrizione, dato appunto il suo "costume" di vita coniugale accertato, sostanzialmente un atto dovuto.

Per gli Ermellini la Corte territoriale si � attenuta allo standard che, per costante giurisprudenza di legittimit�, impone un esame� particolarmente rigoroso delle dichiarazioni della persona offesa.
Per i giudici di legittimit�, va poi ribadito il principio secondo cui "Il delitto di cui all'art. 609-bis cod. pen. � integrato ogni qual volta sia lesa la libert� dell'individuo di poter compiere atti sessuali in assoluta autonomia, senza condizionamenti di ordine fisico o morale".
Da ci� consegue che non hanno rilevanza, nella valutazione della condotta criminosa, "eventuali giustificazioni dedotte in nome di presunti limiti o diversit� culturali nella concezione del rapporto coniugale, posto che le stesse porterebbero al sovvertimento del principio dell'obbligatoriet� della legge penaleall'affievolimento della tutela di un diritto assoluto e inviolabile dell'uomo quale � la libert� sessuale"-

Inoltre, in tema di violenza sessuale, ai fini del riconoscimento della diminuente per i casi di minore gravit� di cui all'art. 609-bis, ultimo comma, c.p., deve farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalit� esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e psicologiche di quest'ultima, anche in relazione all'et�, mentre per il diniego della stessa attenuante � sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravit�. 

Dunque correttamente il giudice di appello, appunto valutando il fatto "globalmente", ha rilevato che il rapporto coniugale tra imputato e persona offesa, non potesse ritenersi motivo di attenuazione della gravit� intrinseca della violenza sessuale, considerata la sostanziale abitualit� del comportamento dell'imputato stesso, il quale, del tutto indebitamente, riteneva l'attivit� sessuale una sorta di prestazione dovuta dalla moglie.
In questo contesto relazionale il "caso" di violenza sessuale non pu� in alcun modo considerarsi di "minore gravit�".

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