Data: 02/08/2016 17:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Nulla da fare per i dipendenti fannulloni: la Cassazione ribadisce la liceità dell'utilizzo delle videoriprese per indagare sull'assenteismo dei dipendenti, e, circa l'obbligo di timbratura del badge, evidenzia che le garanzie procedurali imposte dall'art. 4, secondo comma, dello Statuto dei lavoratori (espressamente richiamato dall'art. 114 del d.lgs. n. 196/2003) si applicano ai controlli c.d. difensivi, ossia diretti ad accertare l'inesatto adempimento delle obbligazioni discendenti dal rapporto di lavoro e non, invece, quando riguardino la tutela di beni estranei al rapporto stesso.

Tanto emerge dalla sentenza n. 33567/2016 (qui sotto allegata), con cui la seconda sezione penale ha confermato la condanna per due dipendenti fannulloni, indagati per truffa aggravata e continuata nei confronti del Comune, alle dipendenze del quale avevano prestato servizio con le mansioni di usciere.

I due vengono accusati di essersi allontanati dal luogo di lavoro timbrando il cartellino segnatempo in orari di entrata e uscita diversi da quelli effettivi. Nonostante i due si dolgano della non utilizzabilità delle risultanze desunte dal sistema di registrazione dell'accesso e dell'uscita dei dipendenti dal posto di lavoro (badge), nonché delle captazioni di immagini audiovisive effettuate dalla polizia giudiziaria, gli Ermellini confermato in toto l'impianto accusatorio.

Per quanto riguarda il sistema di registrazione degli orari di accesso e uscita dei dipendenti, non risulta da alcuna evidenza processuale l'illegittimità dell'istallazione del sistema di rilevazione elettronica delle presenze e neppure l'asserita mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali eccepita dai ricorrenti.

I giudici evidenziano che in tema di apparecchiature di controllo dalle quali derivi la possibilità di verificare a distanza l'attività dei lavoratori, le garanzie procedurali previste dall'art. 4, seconda comma, dello Statuto dei lavoratori non trovano applicazione quando si procede all'accertamento di fatti che costituiscono reato. Tali garanzie riguardano solo l'utilizzabilità delle risultanze delle apparecchiature di controllo nei rapporti interni, di diritto privato, tra datore di lavoro e lavoratore.

La loro eventuale inosservanza, precisano gli Ermellini, non assume pertanto alcun rilievo nell'attività di repressione di fatti costituenti reato, al cui accertamento corrisponde sempre l'interesse pubblico alla tutela del bene penalmente protetto, anche qualora sia possibile identificare la persona offesa nel datore di lavoro.

Ancora, in tema di allontanamento fraudolento da luogo di lavoro, l'eventuale insussistenza per i lavoratori di un vero e proprio obbligo di vidimare il cartellino o la tessera magnetica delle presenze giornaliere non esclude che, qualora tale vidimazione sia comunque effettivamente compiuta, ma con modalità fraudolente tali da indurre in inganno il datore di lavoro, ricorrano gli estremi degli artifizi e raggiri che integrano il delitto di truffa.

Non è infatti, la doverosità della vidimazione a rendere quest'ultima, se falsificata, idonea a ingannare il datore di lavoro, ma, anche laddove questa sia meramente facoltativa, può ingenerare l'inganno di far risultare una presenza falsamente attestata: il lavoratore, in sostanza, in presenza di un  facoltà, può vidimare o meno, ma se ottempera all'adempimento la falsificazione dell'orario di entrata o di uscita configura un artifizio o raggiro.

Infine, per quanto riguarda le riprese audiovisive, il Collegio chiarisce che le videoregistrazioni di condotte non comunicative, disposte dalla Polizia nel corso delle indagini preliminari, in luoghi riconducibili al concetto di domicilio, e quindi generalmente meritevoli di tutela ex art. 14 Cost., sono qualificabili come prova atipica disciplinata dall'art. 189 c.p.p. ed utilizzabili senza alcuna necessità di autorizzazione preventiva del giudice, se le riprese sono eseguite con il consenso del titolare del domicilio.

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