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Data: 06/08/2016 09:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Il diritto agli alimenti rappresenta un'obbligazione a carattere patrimoniale (ex artt. 433 e ss. del codice civile) effettuata da un soggetto obbligato all'interno del gruppo familiare, nei confronti del familiare che versi in stato di bisogno. Tra i soggetti obbligati viene menzionato il coniuge, onerato nei confronti dell'ex in stato di bisogno e incapace di provvedere al proprio sostentamento economico, a meno che questi non sia passato a nuove nozze. L'art. 443 c.c. stabilisce che chi deve somministrare gli alimenti ha la scelta di adempiere questa obbligazione o mediante un assegno alimentare corrisposto in periodi anticipati, o accogliendo e mantenendo nella propria casa colui che vi ha diritto, ma tale seconda soluzione è resa spesso impraticabile a causa dei contrasti tra le parti coinvolte. L'autorità giudiziaria, soggiunge la norma, può però, secondo le circostanze, determinare il modo di somministrazione. Tuttavia, nel caso in cui il coniuge onerato non possa far fronte al versamento della somma stabilita dalla sentenza di divorzio, può ottemperare in altro modo, ad esempio in natura? Ai tempi della crisi, infatti, non è raro che un coniuge separato avverta difficoltà nel pagare gli alimenti posti a suo carico. Proprio come è accaduto ad un padre, cinquantenne divorziato residente a Villafranca Padovana, che dopo molti anni in cui aveva osservato pedissequamente le clausole previste dall'accordo di separazione, nel 2008 era stato coinvolto nella profonda crisi economica che ha colpito il nostro paese, non riuscendo più far fronte al versamento degli alimenti, fissati dalla sentenza di divorzio in 300 euro mensili (poi maggiorati in 400). Difficoltà accentuate dall'aver, nel frattempo, contratto nuovo matrimonio da cui erano nati altri tre figli. Nonostante ciò, l'uomo non si perso d'animo offrendo alla ex, in mancanza del denaro, alimenti veri e propri, ossia pizze che l'uomo produceva nel suo negozio, almeno quale parziale pagamento del denaro che non avrebbe potuto versare. Richiesta prontamente rifiutata dalla moglie che, in risposta, ha portato l'ex compagno sul banco degli imputati, con l'accusa di aver omesso di corrispondere l'assegno di mantenimento a favore della figlia. Ciononostante, l'epilogo giurisprudenziale è ben diverso rispetto a quanto la donna, costituitasi parte civile, avesse immaginato: il giudice monocratico del Tribunale penale di Padova (dr.ssa Chiara Bitozzi) ha infatti assolto il pizzaiolo, poichè "l'affermazione di responsabilità penale per la condotta omissiva non può prescindere dalla valutazione anche dell'effettiva possibilità dell'obbligato a provvedere alla corresponsione dei mezzi di sussistenza, giacché l'inadempimento incolpevole comporta l'insussistenza del reato". Dalle prove e dalle dichiarazioni emerse nel corso del processo, il giudice ha verificato l'impossibilità incolpevole dell'uomo di far fronte all'obbligazione, il quale aveva preferito offrire delle pizze pur di adempiere. L'imputato, si legge nella sentenza, "all'epoca dei fatti traeva la sua fonte di reddito dalla gestione di una pizzeria per asporto, attività che non dava i risultati economici sperati, tant'è che veniva chiusa nel 2010, non riuscendo più l'imputato a far fronte ai debiti per l'affitto dei locali, per i fornitori e per il dipendente". Ancora, "l'imputato, per far fronte alla situazione, invitava la signora ad accettare dei pagamenti dilazionati di modico importo in base ai proventi settimanali dell'attività lavorativa ovvero a prelevare delle pizze in luogo del denaro; proposta ben presto rifiutata dalla signora in quanto le sembrava di ricevere l'elemosina". Nel periodo di crisi, l'imputato aveva addirittura fatto ricorso continuativo al sostegno economico della propria famiglia e di quella della nuova compagna, un dato che corrobora la mancanza dei soldi necessari per pagare gli alimenti, nonostante avesse anche in parte contribuito al vitto e alle spese mediche e scolastiche della figlia, mettendo perfino a disposizione la sua attività di pizzaiolo. Da qui l'assoluzione poichè il fatto non sussiste.
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