Data: 11/08/2016 14:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Il principio del favor rei, secondo cui va applicata la norma successiva e pi� favorevole, non trova applicazione in ambito di sanzioni amministrative.
� questa la conclusione raggiunta dalla Corte Costituzionale, nella sentenza n. 193/2016 (qui sotto allegata) redatta da Giuliano Amato, che ha respinto la questione di legittimit� sollevata dal Tribunale di Como.

Il Tribunale rimettente si era trovato a dover applicare la c.d. maxi-sanzione per il lavoro nero prevista dall'art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attivit� detenute all'estero e di lavoro irregolare), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73.

Da qui il Tribunale ha sollevato questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui non prevede l'applicazione all'autore dell'illecito amministrativo della legge successiva pi� favorevole.
La disposizione in esame, intitolata "Principio di legalit�", prevede che "Nessuno pu� essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione. Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati".

La norma viene censurata nella parte in cui non prevede l'applicazione della legge successiva pi� favorevole agli autori degli illeciti amministrativi, venendo denunciata la violazione degli artt. 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli artt. 6 e 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848.

Per i giudici della Consulta la questione non � fondata: nell'affermare il principio della retroattivit� del trattamento sanzionatorio pi� mite, precisa il collegio, la giurisprudenza della Corte europea non ha mai avuto ad oggetto il sistema delle sanzioni amministrative complessivamente considerato, bens� singole e specifiche discipline sanzionatorie, e in particolare quelle che, pur qualificandosi come amministrative ai sensi dell'ordinamento interno, siano idonee ad acquisire caratteristiche "punitive" alla luce dell'ordinamento convenzionale.

Infondata anche la questione riguardante i profili di illegittimit� per violazione dell'art. 3 della Costituzione: la costante giurisprudenza della Corte ha, infatti, affermato che in materia di sanzioni amministrative non � dato rinvenire un vincolo costituzionale nel senso dell'applicazione in ogni caso della legge successiva pi� favorevole, rientrando nella discrezionalit� del legislatore (nel rispetto del limite della ragionevolezza) modulare le proprie determinazioni secondo criteri di maggiore o minore rigore in base alle materie oggetto di disciplina.

Quanto al differente e pi� favorevole trattamento riservato dal legislatore ad alcune sanzioni, ad esempio a quelle tributarie e valutarie, chiarisce la Consulta, esso trova fondamento nelle peculiarit� che caratterizzano le rispettive materie e non si presta, conseguentemente, a trasformarsi da eccezione a regola


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