Data: 21/08/2016 19:00:00 - Autore: Laura Bazzan

Avv. Laura Bazzan - In sede di separazione e divorzio, ai fini della determinazione dell'assegno o della sua revisione, l'effettiva capacità reddituale dei coniugi può essere provata anche mediante la produzione in giudizio degli estratti conti bancari

La giurisprudenza, tuttavia, ha assunto posizioni difformi circa la punibilità del reato di cui all'art. 616 c.p. nel caso in cui la corrispondenza bancaria relativa ad uno dei coniugi fosse prodotta in giudizio dall'altro coniuge per giustificare la propria domanda di mantenimento o paralizzare quella ex adverso formulata. In particolare, poiché la nozione di giusta causa di cui l'art. 616 c. 2 c.p. è valutata di volta in volta dal giudice con riguardo alla liceità - sotto il profilo etico e sociale - dei motivi in base ai quali il soggetto si è determinato alla rivelazione del contenuto della corrispondenza, si sono nel tempo affermati due distinti orientamenti sulla sussistenza o meno dell'esimente nei rapporti tra ex coniugi.

Secondo un orientamento più risalente, rappresenterebbe una giusta causa di rivelazione del contenuto della corrispondenza quella della parte del giudizio civile di separazione che si avvalga della corrispondenza bancaria del coniuge quale mezzo di prova per contestarne la richiesta di mantenimento. Per tale orientamento, infatti, non si potrebbe legittimamente pretendere di porre un soggetto nella condizione di non poter tutelare un proprio legittimo interesse o di commettere un delitto mediante la rivelazione del segreto epistolare (cfr. Cass. pen. sent. n. 8838/1997).

Al contrario, secondo un orientamento più recente, integrerebbe il reato di violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza la condotta di chi sottragga gli estratti conto bancari inviati al coniuge per produrli nel giudizio civile di separazione. Tale impostazione esclude la configurabilità della giusta causa ex art. 616 c. 2 c.p. sulla considerazione che la produzione in giudizio della documentazione bancaria non costituisce l'unico mezzo a disposizione per contestare le richieste del coniuge-controparte, posto che, ai sensi dell'art. 210 c.p.c., il giudice su istanza di parte può ordinare, alla controparte o ad un terzo, l'esibizione dei documenti cui ritenga necessaria l'acquisizione al processo (cfr. Cass. pen. sent. n. 35383/2011). Nel caso in cui l'ordine di esibizione non venga adempiuto, poi, il giudice potrà trarre elementi di prova a norma dell'art. 116 c. 2 c.p.c. tenuto presente che "quando la richiesta è di tipo simmetrico e rivolta ad entrambe le parti, un tale comportamento risulta neutro ove le medesime abbiano osservato lo stesso contegno (positivo o negativo) ma non quando una abbia lealmente eseguito la richiesta e l'altra no" e, in siffatte ipotesi, "il giudice ove ritenga di utilizzare la documentazione fornita dalla parte che abbia lealmente cooperato dando riscontro alla richiesta, deve anche spiegare come abbia valutato il comportamento negativo dell'altra, a pena di difetto di motivazione" (Cass. civ. ord. n. 225/2016).

In alternativa, al soggetto che vanta un interesse giuridicamente rilevante, attuale e concreto, è comunque reso possibile l'accesso agli atti della pubblica amministrazione di riferimento al fine di consultare la documentazione finanziaria, economica e patrimoniale del coniuge che, non contenendo dati sensibili, non può essere inibito opponendo il diritto alla privacy del controinteressato. Invero, il Consiglio di Stato ha ritenuto accoglibile l'istanza di accesso presentata da un coniuge, coinvolto in un processo di separazione personale, relativa ai dati ed alle comunicazioni inoltrate all'Archivio dei rapporti finanziari presso l'Anagrafe Tributaria dell'altro coniuge, ancorché con la limitazione della sola forma della visione per le movimentazioni bancarie (cfr. C.d.S. sent. n. 2472/2014).


Tutte le notizie