Data: 20/08/2016 10:30:00 - Autore: Valeria Zeppilli

di Valeria Zeppilli – Il diritto di difesa va garantito a tutti ed è per questo che le persone in difficoltà economica possono avvalersi del gratuito patrocinio a spese dello Stato.

Per stabilire se un soggetto ne ha effettivamente diritto occorre ovviamente guardare al suo reddito e vedere se esso è inferiore a quello fissato dalla legge per la fruizione del beneficio.

Non sempre è chiaro, però, come il reddito vada effettivamente computato, tanto che recentemente la Corte di cassazione, con la sentenza numero 34935 del 17 agosto 2016 (qui sotto allegata) è dovuta intervenire a fare chiarezza.

Con tale pronuncia, in particolare, i giudici hanno precisato che il limite di reddito fissato per l'accesso al gratuito patrocinio va considerato al netto degli oneri deducibili.

Nonostante negli anni si siano susseguite pronunce giurisprudenziali contrastanti in merito, la Corte, con la sentenza in commento, ha ritenuto che da una lettura attenta della norma di legge non possa che giungersi a una simile conclusione.

Gli oneri deducibili, del resto, rappresentano una parte di reddito che non deve essere considerato nella determinazione del livello di contribuzione del singolo alle spese della collettività e tanto vale anche nel momento in cui vengono attivati i meccanismi giudiziari: questi, infatti, comportano un costo per la collettività al quale deve farsi fronte attraverso prelievi che possono essere riferiti ai redditi realmente espressivi della capacità contributiva del singolo, ovverosia a tutti i redditi compresi nelle categorie contemplate nel testo unico delle imposte sui redditi, depurati degli oneri deducibili.

Nel caso di specie, la questione aveva ad oggetto la detraibilità dal reddito rilevante ai fini dell'ammissione al gratuito patrocinio dell'importo che l'interessato versava a titolo di assegno di mantenimento all'ex coniuge. Tale somma non viene effettivamente goduta dall'obbligato quanto piuttosto da colui che ne beneficia, che è tenuto anche a pagare la relativa imposta.

Per la Corte "non si vede, quindi, come una somma di denaro trattata, fiscalmente, come reddito del coniuge destinatario possa concorrere, ai fini della determinazione del reddito rilevante ai sensi dell'art. 76 dPR 115/2002, a formare il reddito imponibile dell'obbligato".

L'assoluzione del cittadino dal reato di falso ideologico "perché il fatto non costituisce reato" va pertanto confermata.


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