Data: 06/09/2016 21:40:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Annamaria Villafrate - Concorso in magistratura: desiderio di molti alla portata di pochi? Probabilmente no. Dato che vi può partecipare anche chi si è laureato a fatica e dopo una serie infinita di 18.

E le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Da diversi anni fanno notizia anche sui media errori grossolani delle prove scritte degli aspiranti giudici, una professione complessa che richiederebbe molto studio e impegno.

In Italia avvocati, giuristi e cittadini denunciano la gravissima situazione di incertezza del diritto. Soggetti condannati per il reato di omicidio in primo grado, magicamente assolti in appello. Sentenze con motivazioni e dispositivi spesso frutto di un veloce copia e incolla. La giustizia italiana è affidata tal volta a magistrati degni di grande rispetto, altre volte però a decidere delle sorti di un giudizio vi sono magistrati che farebbero bene a rimettere mano allo studio di manuali e codici di procedura.

Che vi sia una grossa fetta di magistrati dalla scarsa preparazione oramai è sotto gli occhi di tutti ed è anche attestata dal quotidiano ribaltamento di sentenze di merito da parte della Corte di Cassazione che fin troppo spesso è costretta a intervenire per correggere errori talvolta "imbarazzanti". Proviamo soltanto ad accedere al CED della Cassazione nella pagina in cui è possibile visualizzare le sentenze per esteso (http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/) e a digitare le parole virgolettate "cassa la sentenza impugnata": rimarremo sorpresi di quante sentenze vengono quotidianamente bocciate dalla Suprema Corte a conferma del fatto che i giudizi di merito sono spesso, anzi troppo spesso, decisi in modo inaffidabile.

Cosa dire poi dei continui e destabilizzanti contrasti giurisprudenziali? Identiche questioni giuridiche risolte con sentenze diametralmente opposte in diversi ambiti territoriali e che costringono la Corte di legittimità a un surplus di lavoro per fare chiarezza. Senza parlare del problema che si crea alla "certezza del diritto" che sta sempre più somigliando a un miraggio.

Il ruolo del magistrato è senza dubbio molto delicato. Le sue decisioni possono incidere profondamente sulla vita delle persone. Una sentenza penale errata o basata su un'analisi superficiale dei fatti può privare un individuo della propria libertà. Mentre una sentenza civile può incidere sugli equilibri privati di una coppia o portare alla rovina economica un intero nucleo familiare, un'azienda o un'impresa. Come possiamo dunque accettare che si commettano così tanti errori e che ci sia così tanta incertezza?

Un problema di questa portata si potrebbe anche risolvere con due interventi da mettere in campo:

1) Redigere testi di legge più chiari e non soggetti ad interpretazione. Il linguaggio giuridico è ancora troppo complesso e solleva troppi dubbi interpretativi. E a peggiorare la comprensibilità delle norme è poi la copiosa presenza di continui rinvii ad altri testi di legge e l'assenza d'interpretazioni autentiche da parte del legislatore. Non è infrequente che dopo l'emanazione di una nuova legge, decreto o regolamento, gli addetti ai lavori manifestino dubbi in merito alla concreta applicabilità delle nuove disposizioni alle fattispecie concrete.

2) Garantire un maggiore livello di preparazione dei magistrati. Un simile risultato è conseguibile anche introducendo, per legge, un filtro efficace per fare accedere al concorso solo i più meritevoli. Possiamo davvero permetterci di consentire l'accesso all'esame anche studenti che non abbiano un curriculum scolastico di tutto rispetto? Non è troppo delicato il compito affidato a chi diventerà poi magistrato? Una maggiore competenza della magistratura si può ottenere solo attraverso una preventiva severa selezione.

Tutto questo nella speranza che si possa tornare a ciò che accadeva in passato, quando, come scriveva Calamandrei, un avvocato non doveva preoccuparsi di "insegnare ai giudici quel diritto, di cui la buona creanza impone di considerarli maestri".


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