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Data: 10/09/2016 18:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Legittimo il "foglio di via" nei confronti di chi protesta per lungo tempo turbando la convivenza civile e la tranquillità pubblica. Il Consiglio di Stato, sez. III, nella sentenza n. 3818/2016 ha così accolto il ricorso promosso dal Ministero dell'Interno e dalla questore di Roma, testa a riformare la sentenza con cui il TAR aveva annullato un provvedimento della Questura capitolina. Il Questore della Provincia di Roma, aveva ordinato il rimpatrio dell'appellato (residente ad Anzio) con foglio di via, con divieto per un anno di fare rientro nel Comune di Roma senza autorizzazione. La misura era giustificata dalle numerose denunce per reati contro l'ordine pubblico, inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità e resistenza a pubblico ufficiale, che avevano portato a qualificare l'uomo come "persona pericolosa per l'ordine e la sicurezza pubblica". L'uomo, ex dipendente dell'Università "La Sapienza", aveva effettuato negli anni molte proteste di vario genere, non solo diffondendo volantini, ma anche con azioni particolarmente turbolente, contro il licenziamento, tanto da essere stato più volte deferito all'autorità giudiziaria per manifestazione non autorizzata, inosservanza dei provvedimenti dell'autorità, interruzione di pubblico servizio, procurato allarme ed invasioni di edifici. Se il TAR, annullando il provvedimento, aveva ritenuto che l'interessato non aveva commesso delitti in grado di offendere o mettere in pericolo la tranquillità pubblica, le Amministrazioni, in sede di gravame, hanno precisato che il diritto di protestare contro un provvedimento che si ritiene ingiusto non può manifestarsi in modo tale da arrecare pregiudizio all'ordine, alla sicurezza ed alla quiete pubblica. Il Consiglio, accogliendo il ricorso, rammenta che il foglio di via obbligatorio, previsto dall'art. 2 del codice approvato con il d.lg. n. 159 del 2011, può essere tra l'altro emanato nei confronti di "coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica". Mentre nell'ambito del diritto penale il legislatore italiano si è riferito ai reati "contro l'ordine pubblico" (e salvi i principi affermati in materia dalla Corte Costituzionale, anche sul rilievo della idoneità delle condotte a ledere la pubblica tranquillità), il codice n. 159 del 2011 ha dato specifico rilievo ai "reati che offendano o mettono in pericolo … la sicurezza o la tranquillità pubblica". Gli organi del Ministero dell'Interno, quindi, possono emettere misure di prevenzione nei confronti di coloro che con condotte materiali, potenzialmente lesive di terzi, turbino la tranquillità della convivenza civile. Nella specie, i fatti desumibili dagli atti richiamati nel provvedimento impugnato, si caratterizzano per la commissione di reati effettivamente posti in essere contro la tranquillità pubblica. L'appellato non si è limitato a porre in essere manifestazioni di protesta o anche comportamenti soltanto petulanti o fastidiosi, ma ha ripetutamente commesso condotte costituenti reato, manifestamente idonee a turbare la tranquillità pubblica. La ragionevolezza del provvedimento, concludono i giudici, con la sua concreta idoneità a tutelare la pubblica tranquillità, è già di per sé desumibile dal suo contenuto e dai richiami ai relativi accertamenti istruttori.
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